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Sir
Augustus
Wollaston
Franks
diceva che il collezionismo è
una vera malattia, una malattia
incurabile¹.
E J. Pierpont Morgan, banchiere
americano ricchissimo e
collezionista vorace, comprava
in modo compulsivo, al punto che
a Londra
circolava una voce
preoccupata: “Speriamo che
Morgan non compri la National
Gallery!”².
La storia del
collezionismo è piena di
personaggi 'disinvolti', pronti
a tutto pur di entrare in
possesso di una determinata
opera d'arte o insaziabili
accumulatori di migliaia di
manufatti.
Tra i tanti emuli del romano
Verre (Cicerone
contro Verre: l'arte tra
corruzione e ossessione), come lui affetti dal
morbo del collezionismo e dalla
'cupiditas' del possesso,
ne abbiamo scelti due - un
cardinale e un funzionario di
banca che vivevano a Roma -
separati dai secoli ma
uniti dalla stessa ossessione e
dalla
spregiudicatezza nei
comportamenti. |
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Il cardinale Scipione
Caffarelli Borghese (1576-1633) era nipote di papa
Paolo V ed è stato uno dei più importanti mecenati e
collezionisti del suo tempo. Nella sua villa,
costruita 'fuori di Porta Pinciana' a partire dal
1606, il Casino (oggi Galleria Borghese) era nato
proprio per contenere la sua strabiliante raccolta di
sculture, antiche e moderne, e di pitture³. Scipione
conduceva una vita "molto dedita a' piaceri e passatempi", e se
desiderava possedere un'opera d'arte ricorreva anche
a mezzi illeciti. Due sono gli episodi più famosi.
Nel 1608 a Scipione viene donato un quadro di
Raffaello, il
Trasporto di Cristo al Sepolcro
(1507). Con molto tempismo suo zio, il papa,
emette un 'Breve' che dichiara l'opera "cosa
privata donata al Principe che ne è il solo Padrone".
Tutto regolare, sembra. Peccato che il quadro era
stato rubato dalla chiesa di San Francesco, a
Perugia, nella notte del 19 marzo di quell'anno e
che i perugini avevano protestato perché rivolevano
indietro quell'importante pittura! Peccato che il
furto era stato ordinato dallo stesso
Scipione...
Simile è il caso di un'opera di Domenichino,
La Caccia di Diana
(1616-1617).
Il quadro era stato commissionato dal cardinale
Pietro Aldobrandini, ma Scipione la voleva a tutti i
costi, e poiché il pittore si rifiutava di
venderglielo, lo fece mettere in prigione, e si
prese con la forza il dipinto ("il cardinale
Scipione Borghese, hauto aviso di questo bel quadro
fatto da Domenichino se ne invogliò, e gle lo fece
chiedere da parte sua, et egli si scusò se non lo
poteva servire, perché l'haveva fatto pel Cardinale
Aldobrandini di suo ordine. Sdegnatosi Borghese di
questo, mandò con violenza a levarglielo di casa, e
non contento di questo, ordinò che Domenichino fosse
carcerato, e lo fece trattenere per alcuni giorni in
prigione." (Giovanni
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Battista Passeri).
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Giovanni Pietro Campana
(1808-1880) è meno famoso del cardinale Borghese, ma come
lui è stato un grande collezionista, soprattutto di opere
antiche (bronzi, marmi, terracotte, gioielli, ceramiche,
monete) ma anche di pittura e di maioliche e sculture
rinascimentali.
E come Scipione esponeva i suoi tesori in una villa-museo,
nella zona del
Laterano, talmente piena di pezzi pregiati che "the
Campana Museum is in many respects superior to the Museo
Gregoriano at the Vatican" (Octavian Blewett, 1856). Ora
la villa non esiste più, distrutta con le altre
ville lateranensi nei grandi lavori urbanistici
realizzati dopo il 1870 (vd
La breccia di Porta Pia) e la proclamazione di
Roma capitale del nuovo Regno d'Italia. Si trovava nella
zona dove oggi si incontrano via di San Giovanni in Laterano
e via dei Santi Quattro Coronati, ed aveva dei bellissimi
giardini dove, tra piante esotiche, statue, fontane e
grotte, Campana aveva perfino fatto ricostruire una tomba
etrusca⁴. |
La villa è stata distrutta pochi
decenni dopo la distruzione della reputazione del suo
proprietario.
Per molti anni Campana era stato un uomo rispettato:
archeologo famoso (dirigeva gli scavi di Ostia antica), era
stato nominato marchese proprio per i suoi meriti culturali.
Purtroppo per lui, era anche direttore del Monte di Pietà, e
quindi gestiva molti soldi. Ben presto, la tentazione di
usare quel denaro per fare i suoi acquisti d'arte era
diventata troppo forte, e lui non aveva saputo resistere.
Nel 1857 viene arrestato con l'accusa di aver trasformato il
capitale della banca in statue, gioielli, vasi e pitture, e
condannato a venti anni di prigione (trasformati dal papa in
esilio perpetuo), mentre la sua collezione viene sequestrata
e messa all'asta per pagare i debiti. Le opere finiscono al
Louvre di Parigi, Victoria & Albert Museum di Londra,
Ermitage di San Pietroburgo, Metropolitan Museum di New York
e in altri musei ancora.
Un destino ben diverso da quello di Scipione, arrogante ma,
per sua fortuna, nipote di un papa. |
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J.
Pierpont Morgan 'The Magnet' (Puck Magazine)
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¹
"Collecting
is a hereditary disease, and I fear incurable".
Sir Augustus
Wollaston
Franks
(1826-1897),
uno dei più grandi collezionisti inglesi di tutti i tempi,
ha creato e diretto il Department
of British and Medieval Antiquities and Ethnography del
British Museum a Londra, al quale ha donato le sue raccolte.
.
²
J. Pierpont Morgan (1837-1913) è un
personaggio leggendario, sia come banchiere che come
collezionista. Ha raccolto migliaia di opere, ed è stato la
gioia di tutti gli antiquari e i mercanti d'arte europei a
cavallo tra Ottocento e Novecento. Il figlio, suo erede, ha
venduto una parte consistente della collezione,
anche se ha donato 7.000 opere al Metropolitan Museum di New
York, di cui il padre era stato direttore dal 1904 fino
alla sua morte.
.
³
Per saperne di più: A. Campitelli, Villa Borghese da
giardino del principe a parco dei romani, Roma 2003;
I Borghese e l’Antico,
Roma Galleria
Borghese, 7 dicembre 2011 - 9 aprile 2012.
.
⁴Per
saperne di più:
G. Nadalini,
La
villa-musée du marquis Campana à Rome au milieu du XIXe
siècle, 'Journal des savants' (1996), N°2. pp. 419-463.
S. Sarti, Giovanni Pietro Campana, 1808-1880: the man and
his collection, Oxford 2001. |
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