Quale argomento grammaticale è più antirazzista
del discorso indiretto? Usiamo il discorso indiretto quando vogliamo
ripetere quello che è stato detto da qualcun altro: e se vogliamo
farlo bene non dobbiamo falsarne il pensiero e la volontà
espressiva.
La regola fondamentale, nel discorso indiretto,
è che tutti gli elementi che riguardano lo spazio e il tempo non
dipendono più da chi ha parlato "fra virgolette", ma dipendono dalla
persona che ripete il suo discorso. Altre regole, per la verità, non ce
ne sono: anzi, qualunque regola abbiate letto o studiato sulla
grammatica va presa con le molle perché per far bene un discorso
indiretto la prima cosa da ricordare è che bisogna usare tanto buon
senso (più che tanta grammatica).
In pratica: è chiaro che se una persona ha
parlato dicendo "questo libro" è molto probabile che io
dovrò ripetere il suo discorso dicendo "lui ha detto che quel
libro...". Ma se per caso il libro lo avessi fra le mani io allora
dovrò dire "lui ha detto che questo libro...". Quindi non
esiste nessuna regola matematica riguardo alla trasformazione di
questo in quello: tutto dipende da dove sono "io".
Fin qui tutto è abbastanza facile. Ma su alcune
forme del discorso indiretto gli errori degli stranieri sono piuttosto
frequenti:
1. Le
determinazioni di tempo FA / FRA - PRIMA / DOPO |
Dove gli studenti stranieri di italiano rischiano di più è quando nel
discorso diretto ci sono espressioni di tempo caratterizzate da FA
e da FRA. Queste due paroline provocano un gran numero di
problemi perché in molte lingue la loro traduzione è identica a quella
di PRIMA e DOPO. In italiano invece c'è una bella
differenza fra PRIMA e FA
e fra DOPO e FRA.
La caratteristica di FA e di FRA è nel punto in cui si
comincia a contare il tempo. Quando una persona parla e dice
10 giorni fa, automaticamente chi ascolta capisce che quella
persona sta parlando di 10 giorni prima del momento in cui parla.
Aiutiamoci con un esempio:
5 gennaio |
6 gennaio |
7 gennaio |
8 gennaio |
9 gennaio |
10 gennaio |
11 gennaio |
12 gennaio |
Immaginiamo che una persona, il
giorno 10 gennaio, abbia detto queste parole:
"Io, cinque giorni fa, ho incontrato Maria"
È chiaro che quella persona intende dire che ha incontrato Maria il giorno
5 gennaio.
Se io devo ripetere le sue parole, il mio discorso indiretto dipende da
QUANDO io ripeto queste parole.
Per esempio se io ripeto quelle parole sempre il giorno 10 gennaio posso
comodamente dire:
"Lui ha detto che ha incontrato Maria cinque giorni fa"
Se infatti io parlo il giorno 10 gennaio il mio "cinque giorni fa" si
riferisce sempre al giorno 5 gennaio.
Ma immaginiamo ora che io ripeta quel discorso il giorno 12 gennaio.
Non posso più dire "Lui ha detto che ha incontrato Maria 5 giorni fa". In
questo caso infatti chi ascolta penserebbe al giorno 7 gennaio (cinque
giorni fa, a partire dal 12 gennaio significa il 7).
Quindi ho diverse possibilità (di cui la prima è la più normale):
A) "Lui ha
detto che aveva incontrato Maria 5 GIORNI PRIMA"
B) "Lui ha detto che ha incontrato Maria 7 GIORNI FA"
C) "Lui ha
detto che ha incontrato Maria IL 5 GENNAIO"
Insomma: quando parlo le espressioni FA e FRA sono mie e
personalissime. Il tempo comincia dal momento in cui sto parlando. Lo
stesso argomento è trattato in Matdid:
Immaginazione al potere
Collegato alla questione del FA /
FRA - PRIMA / DOPO c'è l'uso del condizionale composto come "futuro del
passato".
Sappiamo che se una persona ha parlato (con discorso diretto) usando il
futuro, nel discorso indiretto quel futuro si trasformerà in condizionale
composto. Quindi se il discorso diretto è:
"Fra 6 giorni andrò in montagna"
nel discorso indiretto dovremo dire:
"Lui ha detto che 6 giorni dopo sarebbe andato in montagna".
Immaginiamo ora che il discorso diretto sia stato fatto il giorno 5
gennaio. Se una persona il giorno 5 gennaio ha detto fra 6 giorni
andrò in montagna intende dire che andrà in montagna il giorno 11
gennaio.
5 gennaio |
6 gennaio |
7 gennaio |
8 gennaio |
9 gennaio |
10 gennaio |
11 gennaio |
12 gennaio |
Se io faccio il discorso indiretto le
soluzioni possibili dipendono dal giorno in cui lo faccio.
Immaginiamo in primo luogo che io faccia il discorso indiretto il giorno
12 gennaio. Ho sostanzialmente solo questa possibilità:
A) "Lui, il 5 gennaio, ha detto che 6 giorni dopo sarebbe andato
in montagna"
Se invece io faccio il discorso indiretto il giorno 9 gennaio le
cose cambiano perché il giorno 11 è futuro sia per chi ha parlato con
discorso diretto sia per me. In questo caso le possibilità sono almeno tre:
A) "Lui ha
detto che 6 giorni dopo sarebbe andato in montagna"
B) "Lui ha
detto che fra due giorni andrà in montagna
C) "Lui ha
detto che fra due giorni sarebbe andato in montagna
Immaginiamo ora frasi ipotetiche che
nel discorso diretto suonino così:
A) "Se ho
tempo vado in vacanza"
B) "Se avrò
tempo andrò in vacanza"
C) "Se
avessi tempo andrei in vacanza"
D) "Se
avessi avuto tempo andrei in vacanza"
E) "Se
avessi tempo sarei andato in vacanza"
F) "Se
avessi avuto tempo sarei andato in vacanza" = "Se avevo tempo andavo in
vacanza"
In un discorso indiretto (introdotto da
un verbo con valore passato: ha detto che, ha risposto che ecc.)
tutte queste forma ipotetiche si riducono a quella che è formulata alla
lettera
F.
Quindi nel discorso indiretto abbiamo questa
unica possibilità:
"Lui ha detto che se avesse avuto tempo sarebbe andato in vacanza"
oppure, con una forma meno "autorevole":
"Lui ha detto che se aveva tempo andava in vacanza"
4. I verbi
ANDARE / VENIRE |
Come tutte le determinazioni di spazio
anche i verbi ANDARE / VENIRE possono essere coinvolti da qualche
cambiamento nel discorso indiretto: venire
si usa se c'è un movimento in direzione di chi sta parlando (di chi sta
facendo il discorso indiretto) e andare se c'è un movimento di
allontanamento da lui. Quindi se una persona ha detto "Io sono andato
a Roma", io, che sono a Roma, dovrò dire: "Lui ha detto che era
venuto
a Roma"; nello stesso tempo, se io fossi a Milano, dovrei dire: "Lui ha
detto che era andato a Roma".
Qualche complicazione c'è in relazione all'uso "eccezionale" di venire:
in italiano infatti la regola delle "direzioni" (andare lontano da me -
venire vicino a me) ha una eccezione nelle frasi: vengo con te
(da te, a casa tua ecc.) e vengo con Voi (da voi, a casa
vostra ecc.). In pratica, se sto parlando con uno o più interlocutori,
il mio movimento nella loro direzione è espresso dal verbo "venire" (per una
sorta di "cortesia" o di "avvicinamento" nei confronti di chi parla con me).
Per questo immaginiamo un discorso diretto tipo:
"Io sono andato a casa di Claudio"
Se io volessi fare il discorso indiretto dovrei dire:
"Lui ha detto che era andato a casa di Claudio".
Ma se io stessi parlando direttamente con Claudio, dovrei dire:
"Lui ha detto che era venuto a casa tua"
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