SCUDIT, SCUOLA D'ITALIANO
ROMA, PRESENTA MATDID, MATERIALI DIDATTICI DI ITALIANO PER STRANIERI |
Materiale:
n. 279 - Data:
02.06.2013 - Livello:
intermedio 3 (B2/C1) -
autore: Roberto Tartaglione
OGNI PAROLA NON IMPARATA OGGI
È UN CALCIO IN CULO DOMANI
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Quasi sempre gli stranieri conoscono il nome di Maria
Montessori. Più raramente conoscono invece quello di Don
Milani, un prete che ha detto e fatto per la scuola italiana cose che
l'hanno condizionata grandemente negli
ultimi cinquant'anni. Chi non sa niente di Don Milani può leggere qui qualche informazione sulla sua vita e sulle sue idee. Chi invece sa già qualcosa di lui può leggere direttamente il testo qui sotto: raccontiamo quello che è successo nell'idea stessa di "scuola" in questi ultimi decenni in Italia. E chissà che queste righe non rispondano anche all'eterna domanda "perché gli italiani votano Berlusconi?". Naturalmente noi parliamo di Italia: ma siamo convinti che questo argomento sia di grande attualità anche in altri paesi e ci auguriamo che in classi di stranieri di diverse nazionalità questo testo possa essere di stimolo a una conversazione che metta in luce somiglianze o differenze nei sistemi educativi e nell'idea stessa di "formazione culturale" delle nuove generazioni. Don Milani diceva che solo la lingua rende uguali e che ogni parola non imparata oggi è un calcio in culo domani. Per questo, per difendersi dal potere (che è potere proprio perché è padrone della lingua), è necessario che i ragazzi imparino a esprimersi e a comprendere un testo o un giornale, dalla prima all'ultima pagina: perché un giornale non scrive per il fine che in teoria gli sarebbe primario cioè informare, ma di solito lo fa per influenzare in una direzione. Quindi bisogna capirlo e sapersi difendere. "Saper leggere" nel senso di riconoscere le parole, non basta. Insomma, Don Milani, pedagogicamente e anche politicamente, sosteneva che i padroni della lingua sono i padroni di tutto: sono loro che scrivono le leggi e chiaramente le scrivono adattandole alle loro esigenze: chiaro che, essendo fatte su misura, per loro sarà più facile rispettarle. Ed è per questo che la scuola deve insegnare che "l'obbedienza non è più una virtù". Quando la legge è ingiusta (e cioè quando non difende i deboli) va respinta: se un ordine, sia pure un ordine militare, è ingiusto, non va eseguito! Ma quanto sarebbe pericolosa in questo modo la scuola?
Purtroppo oggi
sembra che la lezione di Don Milani l'abbia imparata molto
bene soprattutto quella classe di potere dominante che lui
voleva combattere attraverso la diffusione della cultura.
Si è allora fatto
esattamente il contrario di quello che voleva fare
Don Milani: si è deciso di restituire all'ignoranza
e all'analfabetismo se non dignità almeno prestigio
sociale. Negli ultimi vent'anni lo sforzo di creare
una relazione quasi automatica fra incultura e
successo sociale è stato immenso e senza
risparmio di energie.
Ma per il raggiungimento di questo obiettivo è stato necessario rivalutare l'incultura affiché la conoscenza vera non creasse un popolo libero. E - forse ricordando anche don Milani che sosteneva che l'unico modo di insegnare fosse "porsi come modello" - ecco che il potere stesso si presenta come modello quanto più "popolare" sia possibile, parlando come una volta non avrebbe fatto neppure una persona con diploma di quinta elementare, usando turpiloquio, citando frasi o motti di star o starlette della televisione quasi si trattasse di filosofi o pensatori, utilizzando sterotipi linguistici e mentali che solo quarant'anni fa una persona di media cultura si sarebbe vergognata non solo a proferire ma perfino a pensare. L'impatto è potente: se "Lui" che parla così (e che è quindi come me!) è tanto ricco e potente, evidentemente la scuola non serve a nulla. Anzi, riformiamola! Facciamola più seria, facciamola più selettiva, facciamola più meritocratica, facciamola più lunga e duratura negli anni! Insomma: rendiamola distante dalle esigenze della gente comune. Cosicché chiunque ormai è convinto e sa che "studiare non serve a niente", "i soldi si fanno in un altro modo", "il successo è dei furbi" e così via. Ovvio che il potere resta più che mai padrone della lingua e dei linguaggi che contano. Ma per impedire concorrenza o insidie di sorta ha rivalutato l'analfabetismo e l'incultura, cosicché l'incapacità di ragionare e di capire non sia più (come un tempo) motivo di timidezza o di aspirazione al progresso, ma motivo di vanto e fierezza. |
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