Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma

 
 

Giulia Grassi  

 
MUTANDE PAZZE
  

  

Qualche esempio di censura - politica, religiosa, morale - nelle arti figurative. 

In MatDid vedi anche: La nuda Verità? Dipende... 

   

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La storia dell'arte è piena di quadri ritoccati, affreschi ridipinti, statue modificate. I motivi? Politici e, soprattutto, religiosi e morali.

 
Gli antichi romani avevano la damnatio memoriae (condanna della memoria): la morte di un personaggio violento o crudele era accompagnata dalla eliminazione di ogni suo ricordo (nome, iscrizioni sugli edifici, ritratti). Così è stato, per esempio, per l'imperatore Domiziano (81-96). Ma una sua statua equestre - ora conservata nel Museo Archeologico dei Campi Flegrei, a Baia - si
è salvata, anche se con una piccola, ulteriore censura...

Interessanti, e qualche volta divertenti, sono le censure fatte in
Italia tra la seconda metà del XVI secolo e il XVII secolo, dopo la "Controriforma" cattolica. Per la Chiesa di Roma le immagini erano il mezzo migliore per diffondere il messaggio cristiano e quindi gli artisti dovevano seguire regole precise: rappresentare con esattezza solo quello che c'era scritto nella Bibbia, senza togliere
o aggiungere nulla; rappresentare le figure sacre con "decoro"
(piene di dignità e autorevolezza); raffigurare i personaggi in modo 

Bronzi da CartocetoGruppo di bronzi dorati,  in origine due uomini a cavallo e due donne: interrato, forse nel 30 a.C., perché rappresentava una famiglia colpita dalla damnatio memoriae (probabilmente per la partecipazione a una congiura).

chiaro, per far riconoscere subito il soggetto dell'opera (ad  esempio, gli angeli dovevano avere le ali e i martiri dovevano tenere in mano gli strumenti del loro martirio); non dipingere figure nude (nel rispetto della "decenza"); non dipingere immagini pagane nelle scene religiose [Concilio di Trento, sessione XXV del 1563; Cardinale Paleotti, Discorso sulle immagini sacre e profane, 1582].

Troppi divieti. E le condanne non si contavano...

La censura più famosa? Quella del Giudizio Universale dipinto da Michelangelo nella Cappella Sistina al Vaticano, decisa nel 1564: per i suoi critici l'artista aveva infranto tutte le regole, sia quelle della decenza sia quelle della dottrina cristiana. È stato un miracolo se l'affresco non è stato distrutto - come voleva papa Paolo IV Carafa (1555-1559) - e se ci si è limitati a coprire con panni svolazzanti i genitali di Santi e Sante.
 
La censura più esagerata? Il processo del 1573 al pittore veneto Paolo Veronese, finito davanti al Tribunale dell'Inquisizione con l'accusa, gravissima, di eresia. La sua colpa? Aver rappresentato l'episodio dell'Ultima Cena in modo troppo diverso da come è descritto nel Vangelo.
 


Masaccio, Cacciata dal Paradiso: prima e dopo.

Le censure più divertenti? Quelle fatte sui nudi dipinti o scolpiti dentro le chiese. 
Un esempio sono gli affreschi di Adamo ed Eva (Tentazione e Cacciata dal Paradiso) nella Cappella Brancacci a Firenze, opera di Masolino e Masaccio (1426-27). Le "mutande" di foglie dipinte per coprire il sesso sono state tolte nei restauri del 1984-1988 (a sinistra). 
Altro esempio è la statua del Cristo Portacroce in Santa Maria sopra Minerva a
Roma, creato da Michelangelo bello 
e nudo come un dio greco e poi pudicamente coperto da un perizoma in stucco dipinto (sopra). 
Cose da Controriforma, direte voi. Be', è vero fino a un certo punto. Gli esperti che nel 2002 hanno restaurato la Cappella De Sylva, nella chiesa romana di Sant'Isidoro, hanno scoperto una cosa interessante a proposito delle camicie in bronzo che coprivano due Virtù di marmo ideate da Bernini. 

La censura più ridicola? Quella di un quadro rappresentante Venere e Cupido, dipinto da Ridolfo del Ghirlandaio nel 1565 in base a un disegno di Michelangelo (ancora lui!): la povera Venere nell'Ottocento è stata coperta con dei vestitucci piuttosto bruttini e fuori moda, per la dea.
 
Qualche pittore si censurava da solo. Ad esempio Caravaggio, famoso perché molti suoi quadri sono stati rifiutati dai committenti (Caravaggio, una vita violenta). 
In Giuditta che decapita Oloferne (Roma, Galleria Nazionale di Arte Antica a Palazzo Barberini, del 1599/ 1600 circa) aveva dipinto l'eroina ebrea con i seni nudi; ma successivamente li aveva dovuti coprire, probabilmente per motivi di carattere morale. L'effetto finale, però, non è quello voluto dai suoi censori perché la camicia, aderente per il sudore, sottolinea in modo molto erotico le forme, senza nascondere nulla (a destra, particolare del quadro).
 
Per questa volta, perciò, diciamo un grazie alla censura, perché ci ha regalato una delle più belle e sensuali immagini di donna della pittura moderna.