Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma 

 
 

Giulia Grassi

 

STORIE DI DAME 
E DI ANIMALI  

  

Due celebri dipinti italiani - di Leonardo e Raffaello - in cui gli animali hanno un ruolo fondamentale.
Collegamento a Lo zoo dell'immaginario: animali reali e animali fantastici nei Bestiari medievali 

Vedi anche: Quel rubacuori di Raffaello; Il linguaggio dei gesti: il Cenacolo di Leonardo; Leonardo cinese?; Una lettera di assunzione scritta da Leonardo; L'automobile di Leonardo

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La Dama con l'ermellino (olio su tavola, cm 54,8 × 40,3 - Cracovia, Czartoryski Muzeum) è una delle opere più famose di Leonardo, anche se questo non l'ha salvata dalla manomissione: lo sfondo scuro non è, infatti, originale ma è dovuto ad una ridipintura successiva.
Rappresenta una giovane donna che tiene tra le braccia un ermellino (e non un furetto, come hanno detto alcuni studiosi). Il fascino del ritratto è nella sua immediatezza: la donna sembra colta di sorpresa, come se il richiamo di una voce abbia interrotto il suo incedere, spingendola a fermarsi e a voltarsi indietro.
La luce mette in evidenza la mano che accarezza il piccolo animale. È una mano dalle dita affusolate, nervose, aristocratiche, espressiva come il volto, illuminato da occhi profondi e labbra atteggiate a un sorriso.
Secondo i critici è il ritratto della giovane amante di Ludovico il Moro, Cecilia Gallerani, dipinto intorno al 1491. L'ermellino che stringe tra le braccia (il cui nome greco è galè) non solo alluderebbe al suo nome ma anche alla sua personalità. Sappiamo che per Leonardo questo animale rappresentava la moderazione e la purezza; e che è sempre stato  
connesso alla regalità, tanto è vero che la sua pelliccia veniva usata nelle vesti di papi, imperatori e dogi. Sappiamo anche che nel 1489 il Moro adottò l'ermellino come suo emblema. La sua presenza, quindi, rimanderebbe non solo al nome e alla personalità della dama, ma allo stesso duca di Milano.

Una piccola curiosità. Nell'estate del 2000 gli studiosi hanno scoperto le tracce dei polpastrelli di Leonardo sulla collana: per ottenere gli effetti d'ombra delle perle, infatti, l'artista non aveva usato il pennello ma le dita, con le quali aveva sfregato il colore ancora morbido (la stessa cosa è stata rilevata su altre opere, come la Vergine delle rocce a Parigi). Proprio dalle tracce lasciate sulla "Dama" sono partiti alcuni scienziati dell'Università ''G. D'Annunzio" di Chieti, che nel febbraio del 2006 hanno reso noto di aver ricostruito l'impronta di un polpastrello di Leonardo, a tutt'oggi l'unica traccia "biologica" conosciuta lasciata dal genio toscano.
 

Molto singolare è la storia di un altro celebre ritratto, la Dama con il liocorno (olio su tela trasportata su tavola, cm 67,7 x 53,2 - Roma, Galleria Borghese), attribuito a Raffaello. Vi appare rappresentata una giovane donna, bionda e con gli occhi azzurri, davanti a una loggia che si affaccia su un vasto paesaggio; tra le braccia tiene un piccolo liocorno (o unicorno) (a).
 

  a b
 
Che questo sia il soggetto è stato scoperto, però, solo nel 1934-36: fino a quella data il quadro rappresentava Santa Caterina d'Alessandria, avvolta in un ampio mantello e con la ruota, simbolo del suo martirio
(b). In un periodo imprecisato (forse il XVII secolo) qualcuno aveva infatti trasformato questo ritratto di dama in quello della santa. 
In seguito al restauro dell'opera, effettuato appunto negli anni Trenta del secolo scorso, non solo è cambiato il soggetto del quadro ma si è anche trovato un nome al suo autore: l'opera viene attribuita a Raffaello (come aveva gia ipotizzato Roberto Longhi nel 1912), che l'avrebbe eseguita a Firenze tra il 1504 e il 1508. Il liocorno, il mitico cavallo con un corno al centro della fronte, associato alla giovane dama allude alla sua castità (con questo significato compare anche sul retro del Ritratto di Battista Sforza agli Uffizi, opera di Piero della Francesca).  
 
Tutto chiaro? Niente affatto. Ulteriori restauri ed analisi radiografiche eseguite sul dipinto - accuratamente illustrate in uno studio di Alba Costamagna, già direttrice del museo Borghese - hanno dimostrato che la "Dama con l'unicorno" è solo la terza versione del dipinto originario, e che Raffaello è l'autore solo di una parte di esso. Le radiografie, infatti, non solo hanno evidenziato un cagnolino (c) al di sotto del liocorno ma hanno anche permesso di comprendere che la dama è stata dipinta in due momenti diversi, e da due artisti.
Sintetizzando:
1. Raffaello inizia a dipingere un Ritratto di Dama, di cui il  
c
bellissimo Ritratto di una giovane donna a mezzo busto al Louvre (d) deve considerarsi il disegno preparatorio. Si tratta di un'opera simile al suo Ritratto di Maddalena Strozzi agli Uffizi, e quindi di un ritratto di nozze. Raffaello dipinge la dama fino alla vita, col cielo, le colonne e il paesaggio. Ma abbandona la pittura a metà, non sappiamo perché.
2. Il quadro viene portato a termine forse da Giovanni Antonio Sogliani, che opera alcune modifiche. L'aggiunta del cagnolino,
simbolo di "fidelitas" (come nel Ritratto di dama di Lorenzo Costa - Hampton Court, Royal Collection), trasforma il quadro in una Dama col cagnolino, forse una Allegoria della Castità.
3. Qualche decennio dopo il cagnolino, forse danneggiato, viene maldestramente trasformato in un liocorno, e quindi nasce la Dama con il liocorno che ogni visitatore può vedere alla Galleria Borghese.
4. In un'epoca imprecisata un ignoto pittore trasforma la Dama in Santa Caterina d'Alessandria, e in questo aspetto il quadro arriva fino al 1934-36, quando le ridipinture vengono rimosse.
d