Per più di quattro secoli, dal 1466, Roma è la
capitale mondiale del Carnevale. Corse di cavalli, corse di uomini
ragazzi e donne, sfilate in maschera, carri allegorici, tornei e
giostre, lanci di monete e distribuzioni di cibo: una girandola di
festeggiamenti che coinvolge tutta la popolazione e richiama turisti
e curiosi da mezzo mondo.
I luoghi del carnevale sono soprattutto Piazza Navona e Piazza del
Popolo con il Corso, dove dal XVIII secolo finiranno per
concentrarsi le manifestazioni più importanti. Goethe, che
partecipa al Carnevale del 1788, così scrive:
"Il Carnevale a Roma non è una festa data al popolo, ma una festa
che il popolo dà a se stesso. Il governo non fa né preparativi né
spese. Non illuminazioni, non fuochi artificiali, non processioni
splendide, ma un semplice segnale che autorizza ciascuno ad essere
pazzo e stravagante quanto gli pare e piace, ed annunzia che, salvo
le bastonate, e le coltellate, tutto è permesso".
A carnevale, infatti, sono permesse libertà impensabili in altri
periodi dell'anno, e quindi succede di tutto, cosicché "il
carnevale in Roma costa ogni anno la vita a molte persone, per
malattie prese o per travestimenti imprudenti, o per infiammazioni,
o per stravizi" (L. de Santis, 1882).
Due sono le manifestazioni più attese: la corsa
dei berberi e la festa dei moccoletti.
La Corsa dei berberi
è una sfrenata corsa di cavalli che partono da Piazza del Popolo,
percorrono il Corso (l'antica via Lata e, prima ancora, via
Flaminia) e vengono fermati in piazza Venezia. Moltissimi quadri e
incisioni ci raccontano la gara, come i due quadri di A. Rogier, del
1829 (a sinistra).
La partenza (mossa) è
quasi sotto l'obelisco di Piazza del Popolo: accanto ci sono un
palco per la giuria e alcune tribune da dove i potenti della città
possono vedere da vicino il movimentato inizio della gara; i meno
fortunati si affollano sulle pendici del Pincio. I cavalli, di
proprietà di ricchi aristocratici, scalciano e si impennano,
trattenuti a fatica dai "barbareschi" (gli stallieri).
Quando sono lasciati liberi, i cavalli cominciano a correre di "gran
carriera" lungo il Corso, aizzati dalla folla e da
dolorose punte di ferro. Lungo la strada gli spettatori sono quasi
impazziti: urlano, si sporgono per vedere meglio e i dragoni lungo
il percorso fanno fatica a mantenere l'ordine. Alla fine, feriti e
contusi non si contano.
L'arrivo (ripresa) è a
Piazza Venezia, dove un gran telone sospeso rappresenta il
traguardo. Anche qui c'è una grande eccitazione tra gli spettatori,
molti dei quali sono in maschera.
Nel 1874, un giovane attraversa la strada e viene travolto, e
ucciso, da un cavallo durante la corsa: il re Vittorio Emanuele II
abolisce per sempre la manifestazione (è l'inizio del declino del
carnevale romano...).
L'ultimo giorno di Carnevale, il martedì
grasso, c'è la "festa dei
moccoletti", anche questa riprodotta da moltissimi artisti.
Ognuno esce da casa in maschera e con un
moccolo
(un lumino, una fiaccola o anche una lanterna), e un fiume di luci
inonda le strade, in particolare il Corso. Funziona così: bisogna
spegnere il moccoletto a una persona di sesso opposto, conservando
acceso il proprio; chi ha il moccoletto spento deve togliersi la
maschera. E tra la folla,
protetta dalle maschere, accade di tutto: scherzi crudeli, furti,
accoltellamenti, tradimenti coniugali. Insomma, un finale alla
grande!
Con l'arrivo dell'alba tutto svanisce: è il mercoledì delle ceneri,
il primo giorno della Quaresima.
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