SCUDIT, SCUOLA D'ITALIANO ROMA, PRESENTA MATDID, MATERIALI DIDATTICI DI ITALIANO PER STRANIERI A CURA DI ROBERTO TARTAGLIONE E GIULIA GRASSI


 

Materiale: n. 156_link -  Data: 12.02.2006  - Livello: elementare 2 (A2/B1)
autore: Giulia Grassi

 

CARNEVALE NELLA
ROMA DEI PAPI


 

Quando il Carnevale di Roma era il più famoso del mondo. 
Vedi anche:
Piazza Venezia; Piazza Navona; Piazza del Popolo

 

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Per più di quattro secoli, dal 1466, Roma è la capitale mondiale del Carnevale. Corse di cavalli, corse di uomini ragazzi e donne, sfilate in maschera, carri allegorici, tornei e giostre, lanci di monete e distribuzioni di cibo: una girandola di festeggiamenti che coinvolge tutta la popolazione e richiama turisti e curiosi da mezzo mondo. 
I luoghi del carnevale sono soprattutto Piazza Navona e Piazza del Popolo con il Corso, dove dal XVIII secolo finiranno per concentrarsi le manifestazioni più importanti. Goethe, che partecipa al Carnevale del 1788, così scrive: "Il Carnevale a Roma non è una festa data al popolo, ma una festa che il popolo dà a se stesso. Il governo non fa né preparativi né spese. Non illuminazioni, non fuochi artificiali, non processioni splendide, ma un semplice segnale che autorizza ciascuno ad essere pazzo e stravagante quanto gli pare e piace, ed annunzia che, salvo le bastonate, e le coltellate, tutto è permesso".
A carnevale, infatti, sono permesse libertà impensabili in altri periodi dell'anno, e quindi succede di tutto, cosicché "il carnevale in Roma costa ogni anno la vita a molte persone, per malattie prese o per travestimenti imprudenti, o per infiammazioni, o per stravizi" (L. de Santis, 1882).  

Due sono le manifestazioni più attese: la corsa dei berberi e la festa dei moccoletti.



La Corsa dei berberi è una sfrenata corsa di cavalli che partono da Piazza del Popolo, percorrono il Corso (l'antica via Lata e, prima ancora, via Flaminia) e vengono fermati in piazza Venezia. Moltissimi quadri e incisioni ci raccontano la gara, come i due quadri di A. Rogier, del 1829 (a sinistra).
La partenza (mossa) è quasi sotto l'obelisco di Piazza del Popolo: accanto ci sono un palco per la giuria e alcune tribune da dove i potenti della città possono vedere da vicino il movimentato inizio della gara; i meno fortunati si affollano sulle pendici del Pincio. I cavalli, di proprietà di ricchi aristocratici, scalciano e si impennano, trattenuti a fatica dai "barbareschi" (gli stallieri).
Quando sono lasciati liberi, i cavalli cominciano a correre di "gran carriera"  lungo il Corso, aizzati dalla folla e da dolorose punte di ferro. Lungo la strada gli spettatori sono quasi impazziti: urlano, si sporgono per vedere meglio e i dragoni lungo il percorso fanno fatica a mantenere l'ordine. Alla fine, feriti e contusi non si contano. 
L'arrivo (ripresa) è a Piazza Venezia, dove un gran telone sospeso rappresenta il traguardo. Anche qui c'è una grande eccitazione tra gli spettatori, molti dei quali sono in maschera.
 
Nel 1874, un giovane attraversa la strada e viene travolto, e ucciso, da un cavallo durante la corsa: il re Vittorio Emanuele II abolisce per sempre la manifestazione (è l'inizio del declino del carnevale romano...).

L'ultimo giorno di Carnevale, il martedì grasso, c'è la "festa dei moccoletti", anche questa riprodotta da moltissimi artisti.


 
Ognuno esce da casa in maschera e con un moccolo (un lumino, una fiaccola o anche una lanterna), e un fiume di luci inonda le strade, in particolare il Corso. Funziona così: bisogna spegnere il moccoletto a una persona di sesso opposto, conservando acceso il proprio; chi ha il moccoletto spento deve togliersi la maschera. E tra la folla, protetta dalle maschere, accade di tutto: scherzi crudeli, furti, accoltellamenti, tradimenti coniugali. Insomma, un finale alla grande!
Con l'arrivo dell'alba tutto svanisce: è il mercoledì delle ceneri, il primo giorno della Quaresima.