Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma

 
 

Roberto Tartaglione

 

IL CAPOLINEA
DEL PADRINO

 
  

La fine di un superboss
La "Natività" perduta del Caravaggio: un quadro rubato dalla mafia e mai più ritrovato
Vedi anche in MatDid: Due eroi italiani; Cose di Cosa Nostra; L'ultima intervista a BorsellinoI professionisti dell'antimafia
 Esercizi sul condizionale con soluzione
 

Livello intermedio 1


 
L'11 aprile 2006 l'incubo è finito.
Il superboss che da anni gestiva gran parte della illegalità italiana è fuori gioco.
Furbo come una volpe era riuscito a sfuggire in mille modi a chi voleva metterlo in prigione.
Il suo patrimonio, accumulato in anni e anni di malaffare, sembra essere di oltre 600 milioni di Euro.
Speriamo ora che anche i suoi stretti collaboratori, che hanno sempre eseguito i suoi ordini senza fiatare, vengano finalmente puniti.
Il danno che ha fatto all'Italia è incalcolabile sia in termini economici che in termini di immagine.
All'estero infatti tutti si domandavano "Com'è possibile che in un paese civile non riescano a fermare quell'uomo?".
Ma finalmente è finita. Il capomafia, Bernardo Provenzano, è stato arrestato.

 
Bernardo Provenzano è nato nel 1933 a Corleone, il paese siciliano reso famoso anche dal film Il Padrino di Coppola, tratto dal romanzo di Mario Puzo: il protagonista di quella storia, Marlon Brando, si chiamava proprio Don Vito Corleone.
Tutti corleonesi infatti sono i super-boss che hanno guidato la mafia negli ultimi 60 anni.
 
Luciano Liggio è il primo: fa parte del Clan del clan corleonese di Michele Navarra. Nel 1958 lo fa uccidere e diventa il boss assoluto di Corleone. Nel gruppo di fuoco che stermina il clan Navarra ci sarebbe stato anche un trentenne di nome Bernardo Provenzano. Di lui lo stesso Liggio avrebbe detto: "Spara come un dio".
Liggio inizia, e vince, una feroce guerra contro le famiglie mafiose di Palermo: alla fine riesce a diventare il capo incontrastato di Cosa Nostra: si assicura il monopolio di tutti i traffici illegali e diventa ricchissimo anche grazie
all'abusivismo edilizio, realizzato attraverso forti coperture politiche.
 
I suoi collaboratori più stretti sono Calogero Bagarella (morto nel 1969), Totò Riina (detto u Curtu, il corto) e Bernardo Provenzano (detto u Tratturi, il trattore).
Totò Riina è considerato il più violento del gruppo (a 19 anni aveva già ucciso una persona), il capo dell'ala militarista. Provenzano, dicono alcuni,  sarebbe invece "il diplomatico".
 
Quando nel 1974 Liggio viene arrestato il suo erede naturale è Totò Riina che guiderà la mafia per tutti gli anni Ottanta e Novanta: Riina consolida il potere dei Corleonesi avviando una nuova guerra di mafia e elimina tutti i boss rivali: in particolare avrebbe fatto uccidere il capoclan Stefano Bontate che mirava a prendere il ruolo di super-boss; Totò u Curtu  scatena i suoi uomini anche contro i magistrati che combattevano la mafia in modo deciso  e sua è la responsabilità della morte di Falcone e Borsellino; è certamente il capomafia più temuto e feroce del dopoguerra. 
 
Riina viene arrestato nel 1993. Da allora la mafia ha fatto parlare di sé molto meno. Ma quando la mafia non spara spesso significa che i suoi traffici vanno bene e che il suo potere è ancora più forte. A guidarla infatti, in quest'ultimo decennio, è stato Bernardo Provenzano, "il diplomatico".
  
Provenzano è certamente un personaggio misterioso: ricercato dalla polizia da più di 40 anni, di lui si avevano soltanto un paio di fotografie di quando era giovane.
Dopo che Totò Riina è andato in carcere, Binu u Tratturi avrebbe  controllato  tutti i traffici mafiosi senza mai usare computer o telefoni: i suoi ordini venivano comunicati attraverso i pizzini, dei foglietti di carta scritti con una vecchia macchina da scrivere. Lui, che aveva frequentato la scuola fino alla terza classe elementare, aveva un ruolo di tale prestigio che tutti gli riconoscevano l'autorità
del comando. La sua, dicono in molti, sarebbe stata una funzione di "equilibrio" tra i poteri delle varie famiglie siciliane, una funzione necessaria a mantenere la pace fra i clan e a far prosperare l'attività economica dei gruppi mafiosi. 

 
Lo hanno trovato in una piccola casa di campagna a due chilometri da Corleone: viveva, almeno in questo periodo, come un contadino, fra capre e ricotte.
Nella sua camera sono stati poi ritrovati numerosi pizzini. Fra quelli in cui autorizzava o non autorizzava i traffici mafiosi, numerosi sono quelli destinati alla sua compagna, da cui aveva avuto due figli: iniziavano sempre con Carissimo mio amore e trattavano argomenti semplici e quotidiani: per Paqua potresti farmi avere un po' di pasta al forno?, per esempio.
 
L'arresto sarebbe avvenuto a causa di un pacco di biancheria che lui aveva chiesto alla sua compagna di lavargli. Seguendo il pacco di biancheria pulita destinato al superboss, la polizia lo avrebbe finalmente trovato.
Il maschilismo italiano ha i suoi inconvenienti. 
 
 

Un pizzino di Binu u Tratturi