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Quando nel 1585 papa
Sisto V affida a Domenico Fontana la costruzione del nuovo
Palazzo dei Papi al Laterano, in sostituzione di quello medievale (Patriarchio),
ordina di salvare dalla distruzione alcune strutture particolarmente
significative: la Cappella di San Lorenzo in Palatio o Sancta
Sanctorum (1), la Scala Santa (2), il mosaico del Triclinio di Leone III
(3).
Questi elementi oggi fanno parte di un complesso unitario di edifici creato tra 1589 e 1876, ma nel Patriarchio
si trovavano in punti diversi del vasto palazzo, sia pure non troppo
distanti fra loro, e quindi risultano assemblati con una certa dose di
arbitrio (foto sopra, oggi e ieri).
Al suo posto originario è solo la
Cappella del Sancta Sanctorum (1). La prima menzione della cappella è
dell'epoca di Stefano III († 772), quando è citata col suo nome originario, San
Lorenzo in Palatio; era infatti la cappella privata dei pontefici. Dal
secolo successivo comincia ad essere chiamata Sancta Sanctorum, a causa
del gran numero di preziose reliquie che vi si conservano. Il suo aspetto
attuale, di carattere gotico, risale a papa Niccolò III, che dopo il terremoto
del 1277 l'ha restaurata e ornata con un ciclo di affreschi.
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L. Crepon, Penitenti alla Scala
Santa,
1868 |
Nel
Patriarchio medievale il Sancta Sanctorum si trovava al
piano superiore dell'archivio papale.
Quando l'architetto Domenico Fontana ha demolito il palazzo,
isolando la struttura, ha costruito attorno a questo luogo sacro
l'edificio che vediamo ora. Inoltre, come nuovo accesso alla
cappella ha posto lo scalone d'onore del Patriarchio, che si trovava
poco lontano, ed è noto come Scala Santa (o Scalae Pilati)
(2).
Entrambi i nomi di questa scala di marmo derivano da una tradizione
non documentata: si tratterebbe della scala del pretorio di Ponzio
Pilato a Gerusalemme, portata a Roma nel 326. Una reliquia, perché
Gesù l'avrebbe percorsa il Venerdì Santo, bagnandola col suo sangue
(per questo i fedeli la salgono in ginocchio).
Sappiamo che il trasferimento della Sala Santa è stato effettuato in
una sola notte, nell'anno 1589, e che i gradini sono stati
trasportati ad uno ad uno, in processione. Si è cominciato dal
basso, cosicché nella nuova sistemazione l'ordine dei gradini è
inverso: il |
primo dal basso è diventato
l'ultimo in alto, il secondo dal basso il penultimo in alto e così
via.
Quello realizzato dal Fontana è quindi una specie di reliquario monumentale.
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All'esterno della costruzione
sistina, sul lato verso piazza di Porta San Giovanni, c'è un'ultima
sopravvivenza del palazzo papale medievale, il
Triclinio Leoniano
(3).
Si tratta in realtà di un 'facsimile': una grande edicola di stile
classicheggiante costruita da Ferdinando Fuga nel 1743 e ornata con mosaici (ritoccatissimi) provenienti dal demolito triclinio di Leone III
(che nel Patriarchio si trovava in una posizione a metà tra l'edicola settecentesca e la
facciata della
basilica di San Giovanni).
Papa Leone III (795-816) aveva fatto costruire nel
Patriarchio due
triclinia (sale per banchetti), molto celebrati per la loro ricchezza. Il
cd triclinio 'accubitaneo', usato nel tempo come
Sala del Concilio e distrutto dal Fontana. E un altro (questo) che nelle
fonti era definito
triclinium majorem.
Era di forma rettangolare, con un'esedra sul lato di fondo e altre
due al centro dei lati lunghi, e splendidamente decorato Aveva un rivestimento marmoreo alle pareti (opus
sectile) e in marmo era anche il pavimento. Era arricchito da colonne in
marmo bianco e in porfido, e le esedre laterali erano dipinte mentre quella
centrale aveva un mosaico: Cristo che tra gli Apostoli nel catino, papa Leone e
Carlo Magno sull'arco absidale. Proprio in quest'aula il papa accolse Carlo, da
lui stesso consacrato imperatore in
San Pietro in Vaticano
(natale dell'800).
La parete dell'esedra col mosaico era stata risparmiata dal Fontana, ed era
ancora in piedi agli inizi del XVII secolo, quando il cardinale Francesco
Barberini l'ha fatta restaurare
(le incisioni dell'Alemanni indicano la situazione prima (b) e dopo (c)
l'intervento). In quell'occasione il mosaico fu integrato con le immagini di
Costantino e Carlo Magno. Questa esedra è stata in piedi per circa un secolo
(a), poi agli inizi del XVIII secolo, quando si cercò di spostarla in
un'altra collocazione, andò in pezzi. Allora Benedetto XIV, nel 1743, ordinò di
realizzare il nicchione classicheggiante che oggi vediamo. Va da sé che il
mosaico è quasi tutto rifatto.
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