Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma

 
 

Giulia Grassi

 
DA CALIGOLA
A SAN PIETRO
  

Le vicende dell'obelisco vaticano, dal circo di Caligola e Nerone alla piazza della basilica di San Pietro
Vedi anche: Piazza San Pietro

 

   

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Al centro di Piazza San Pietro si innalza un obelisco egizio, il secondo per altezza (25,5 metri) dopo quello del Laterano. Si trova qui dal 10 novembre 1586, trasportato dall'architetto Domenico Fontana per volontà di papa Sisto V. La storia di questo obelisco è molto affascinante, perché si intreccia con quella dell'area vaticana e della basilica di San Pietro. 
 
L'area vaticana ospitava nel I secolo d.C. molte tombe e una grande villa, gli Horti di Agrippina Maggiore, figlia di Agrippa e madre dell'imperatore Caligola, che alla morte della madre (33 d.C.) li ha ereditati. Degli horti faceva parte anche un circo - sembra lungo 500 metri - e qui Caligola nel 37 aveva collocato un alto obelisco egizio, che risaliva all'epoca di Nencoreo (XII dinastia, 1991-1786 a.C.) e che ad Alessandria d'Egitto decorava il Forum Iulii.

L'area vaticana nel I-II secolo d.C. Da sinistra: il Circo di Nerone (al centro, l'obelisco); la necropoli vaticana; la villa di Agrippina (horti), la piramide detta Meta Romuli; il Mausoleo di Adriano (Castel Sant'Angelo) 

Il circo, con gli horti, è stato ereditato da Nerone ed è diventato famoso perché qui sono stati martirizzati molti cristiani, accusati dall'imperatore di essere gli autori dell'incendio del 64. Qui è morto anche San Pietro, che è stato seppellito in una zona a fianco del circo (ma al di fuori dei possedimenti imperiali) dove si è formata una piccola necropoli (cimitero), con tombe soprattutto pagane.  
Dopo la morte di Nerone, gli horti con il circo sono stati abbandonati e hanno cominciato a cadere in rovina mentre la necropoli diventava sempre più grande, perché i cristiani volevano avere la propria tomba vicino a quella di San Pietro. 
A partire dal 318 l'imperatore Costantino ha fatto interrare la necropoli per costruire, al di sopra, una grande basilica in onore di San Pietro (basilica costantiniana): una chiesa a forma di croce, con cinque navate e l'altare in corrispondenza della tomba del santo. L'obelisco è rimasto al suo posto, accanto al lato sinistro della chiesa.
 

 
sopra:ambiente con affreschi parietali forse appartenuto 
agli Horti di Agrippina (rinvenuto nell'estate del 1999)
 

  

a destra: schema della sovrapposizione archeologica 
nella Basilica di San Pietro: necropoli (rosso), 
basilica costantiniana (blu), basilica attuale (viola) 
 

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a sinistra: stratificazione archeologica nell'area vaticana
rosso: Circo di Caligola e Nerone
viola: Necropoli vaticana
grigio: attuale Basilica di San Pietro
verde: Sagrestia Vaticana

 
Nel 1506, 1200 anni dopo, papa Giulio II ha affidato a Donato Bramante il compito di iniziare una nuova basilica, la attuale, la cui costruzione si è protratta per quasi due secoli, con i contributi di Antonio da Sangallo, Michelangelo, Carlo Maderno e Gian Lorenzo Bernini. La vecchia chiesa costantiniana, però, non è stata distrutta subito ma ha continuato ad esistere, anche se in modo parziale, mentre veniva costruita la nuova. È stata definitivamente abbattuta all'epoca di Paolo V (1605-1621).
 
Carlo Fontana, Veduta dell'obelisco vaticano e della Rotonda di Sant'Andrea (Il Tempio Vaticano e la sua origine, Roma 1694): l'obelisco fiancheggia la chiesa in costruzione Philip Galle, Il Tempio di San Pietro a Roma, fine XVI secolo:
è l'immagine della facciata della basilica prima della ricostruzione moderna e senza l'obelisco
davanti
 
E l'obelisco?
È rimasto sempre al suo posto fino al 1586, quando il papa "innalzatore di obelischi", Sisto V, lo ha fatto trasportare davanti alla Basilica. Nel Medioevo era chiamato
l'aguglia ed era convinzione popolare che il globo bronzeo posto alla sua sommità contenesse le ceneri di Giulio Cesare.
La storia del suo trasporto e innalzamento ha i caratteri del mito. Domenico Fontana, l'architetto papale, ha raccontato l'evento in un libro,
Della Trasportatione dell’Obelisco Vaticano et delle Fabriche di Nostro Signore Papa Sisto V, Roma 1590; per parte sua, Sisto V ha emanato un editto che puniva con la morte chi avesse intralciato i lavori, o solo fatto rumore: infatti, le operazioni di sollevamento dovevano essere accompagnate dal suono di una tromba, nel silenzio più assoluto.
 

40.000 scudi di spesa, 800 operai, 140 cavalli, 40 argani: questi i numeri dell'operazione, talmente temeraria che, dice la leggenda, il Fontana aveva dato l'ordine di tenere il suo cavallo sellato per poter fuggire in tutta fretta in caso di crollo dell'obelisco. E, in effetti, l'architetto ha vinto la sua sfida grazie anche a uno degli operai, il marinaio Bresca, il solo ad accorgersi che le funi di sostegno stavano per rompersi e a spezzare il silenzio col suo grido disperato: "acqua alle funi!".
Ed è ancora lì il grande obelisco, anche se in cima non c'è più il globo in bronzo, fatto togliere da Sisto V, ma ci sono una croce e lo stemma della famiglia Chigi. Perfettamente in armonia con la scenografia barocca del colonnato creato, meno di cent'anni dopo, da Gian Lorenzo Bernini. 

  L'innalzamento dell'obelisco in un'incisione della fine del XVII secolo (Alessandro Specchi)