Il nome "imperativo" fa
subito pensare a qualcosa di un po' brutale: a un generale che
dà ordini ai suoi soldati, a un capo che comanda a qualcuno di
fare qualcosa, a una persona che vieta di fare qualcosa.
Insomma, nella migliore delle ipotesi l'imperativo richiama un
atteggiamento poco gentile o anche scortese.
Succede spesso però che la nomenclatura grammaticale
non sia proprio da interpretare "letteralmente": così come il
"passato prossimo" non è necessariamente prossimo e
qualche volta è perfino più remoto del passato remoto;
così come il "pro-nome" non necessariamente sta al posto del
nome; così come il futuro non necessariamente parla di domani,
ma qualche volta perfino di ieri; allo stesso modo l'imperativo
non necessariamente serve a dare un comando "imperiale".
Distinguiamo quindi -
per cominciare - le funzioni più frequenti dell'imperativo:
1. Un vero
e proprio "ordine":
Togli subito le dita dal naso!
Esci da questa casa!
Non dire più neanche una sola parola!
2. Un
"ordine" molto attenuato, un invito, un
consiglio:
Prendete carta e penna e
scrivete
Prova questo dolce: l'ho fatto io!
Non fumare, che ti fa male!
3. Una
concessione o una esortazione:
Entra, entra pure!
Si accomodi! Faccia come fosse a casa
sua!
Fa' come ti pare, che me ne importa?
4. Una
preghiera o anche una supplica:
Ascoltami, ti prego!
Non lasciarmi, non posso vivere senza di te!
Padre Nostro, dacci oggi il nostro
pane quotidiano
Questi diversi
gradi della forza dell'imperativo possono
naturalmente essere resi più evidenti da un
opportuno tono di voce e da qualche "parolina" che
chiarisce meglio se l'intenzione del parlante è
quella di ordinare, di esortare, di chiedere o di
supplicare. In particolare "dai" (dai, non
farti pregare!), "forza" (forza,
cammina!), "un po'" (dammi un po' quel
libro), "su" (su, prova ancora!)
ecc.
5. Un
imperativo un po' speciale
Oltre a queste funzioni proprie
dell'imperativo (ordinare, concedere,
esortare, invitare,consigliare, pregare)
bisognerà qui però ricordarne uno un po'
particolare:
Si chiama
imperativo con "uso gerundiale": esprime
una ripetizione, una continuità, o anche
la durata di un'azione.
Si tratta dell'uso tipico in espressioni
come "cammina cammina, il nostro
eroe arrivò in un paese lontano"
oppure "prova oggi e prova domani,
il nostro eroe un giorno riuscì a fare
quello che voleva" o anche in
enumerazioni tipo "e mangia un
panino, bevi una birra, assaggia un
gelato, prova un liquore, manda giù un
dolce al cioccolato, al nostro eroe
venne un mal di pancia terribile". In
tutti questi casi l'imperativo in
seconda persona, che ha una forte
caratterizzazione impersonale, sta in
qualche modo a sostituire un gerundio
con valore temporale e frequentativo.
Più in dettaglio, dove sta la
differenza?
Bevendo oggi e
bevendo domani
alla fine il nostro eroe
è diventato un alcolista |
Bevi oggi
e
bevi domani
alla fine il nostro eroe
è diventato un alcolista |
Nella prima frase, quella
con il gerundio, il rapporto fra il bere e diventare
un alcolista è diretto: cioè è lui (il nostro eroe)
che beve e conseguentemente è lui che diventa
alcolista. Il rapporto di causa-effetto è
quindi personalizzato.
Nella seconda frase, quella con l'imperativo, la
persona che parla intende dire che "tutti sanno che
se si beve oggi e poi anche domani si diventa
alcolisti". Quindi il protagonista della storia è
diventato alcolista perché ha fatto una cosa che
tutti sanno che fa male. In pratica non è stato un
caso, ma un destino che (come tutti sanno) è
inevitabile.
La frase con l'imperativo, dunque, mostra una realtà
"impersonale" o "generale" che poi viene applicata
al protagonista della storia. La frase con il
gerundio invece parla direttamente del protagonista
della storia.
L'uso dell'imperativo con
questa funzione "gerundiale" è quindi molto adatto a
storie o a espressioni che vogliono avere un
carattere didascalico, di insegnamento. Dicendo a
una persona la frase Bevi oggi e bevi domani alla
fine il nostro eroe è diventato un alcolista,
sotto sotto sto dicendo "Vedi? Lui non ha seguito
questa norma di comportamento generale, perché non
ha voluto o forse non lo sapeva, e si è ammalato. Ma
tu ora lo sai, quindi non bere!". Non a caso
questo tipo di imperativo è molto presente nei
racconti di favole per bambini.
|
6. Imperativo in segnali
discorsivi
Infine vediamo quell'imperativo che di imperativo
non ha più niente, essendosi cristallizzato in forme
che hanno assunto ormai il valore di puri segnali
discorsivi.
Parliamo in particolare di espressioni come
guarda/guardate (o con forma di cortesia
guardi) - Guarda, non ho mai pensato di cambiare
lavoro
vedi/vedete (o con forma di cortesia veda) -
Vedi, la vita non è come pensi tu...
senti/sentite (o con forma di cortesia senta)
- Sentite, adesso dobbiamo fare qualcosa eh?
scusa/scusate (o con forma di cortesia scusi)
- Scusa, hai un momento?
pensa/pensate (o con forma di cortesia pensi)
- Pensate! Nell'antica Roma c'erano 12
acquedotti!
Sono poi numerosissime le
formule esclamative in cui, quasi inconsapevolmente, usiamo
l'imperativo; "frasi fatte" alle quali ricorriamo frequentemente
dimenticando del tutto la funzione grammaticale dell'elemento
verbale.
Si tratta in pratica di "formule" come
Ma va'!
Ma dai!
Abbi/abbiate pazienza!
Stammi/statemi bene
Senti senti!
Guarda guarda!
Figurati/figuratevi/si figuri
Prima di riassumere e
schematizzare le forme dell'imperativo, ancora una piccola nota.
Ci sono almeno due scuole di pensiero: quelli che
sostengono che l'imperativo ha sostanzialmente una sola persona
(la seconda, quella con il TU) e quelli che sostengono che
invece l'imperativo ha cinque persone (tutte escluso la prima).
I primi supportano il loro convincimento con la
considerazione che la seconda persona (quella con il TU) è
l'unica forma sostanzialmente autonoma: la terza singolare e la
terza plurale (LUI/LORO) altro non sono che un congiuntivo
con valore esortativo, quello che nei corsi di italiano
viene anche indicato come "imperativo di cortesia". La seconda
persona plurale è (quasi) sempre la stessa forma del presente
indicativo. E la prima plurale (noi) coincide pure con la prima
plurale del presente indicativo o, se vogliamo, del presente
congiuntivo che è uguale.
I secondi considerano invece che la funzione di
tutte e cinque le persone è comunque imperativale e quindi non è
il caso di sottilizzare sulle "origini" delle varie forme.
Per complicare la vita potremmo dire che
simpatizziamo con un'altra scuola di pensiero: l'imperativo
"vero" è solo quello con il TU, con il NOI e con il VOI: queste
tre persone hanno infatti in comune la possibilità di assimilare
eventuali particelle pronominali (Scrivimi! Scriviamogli!
Scrivetegli!), mentre la terza persona singolare e plurale
(che è effettivamente un congiuntivo esortativo) non ha questa
possibilità (Mi scriva, ci scrivano).
Non perderemo tuttavia il sonno per risolvere questo
problema.
Qui indicheremo comunque tutte e cinque le persone:
non tanto per convinzioni linguistiche quanto per praticità
didattica.
L'IMPERATIVO - FORME DEI VERBI REGOLARI
|
verbi in - |
ARE |
verbi in -
|
ERE |
verbi in - |
IRE |
verbi in -
|
ISC-
|
(TU)
(LUI/LEI)
(NOI)
(VOI)
(LORO) |
parl
parl
parl
parl
parl |
a
i
iamo
ate
ino |
scriv
scriv
scriv
scriv
scriv |
i
a
iamo
ete
ano |
sent
sent
sent
sent
sent |
i
a
iamo
ite
ano |
finisc
finisc
fin
fin
finisc |
i
a
iamo
ite
ano |
|
L'IMPERATIVO
NEGATIVO
|
verbi in - |
ARE |
verbi in -
|
ERE |
verbi in - |
IRE |
verbi in -
|
ISC-
|
(TU)
(LUI/LEI)
(NOI)
(VOI)
(LORO) |
non parl
non parl
non parl
non parl
non parl |
are
i
iamo
ate
ino |
non scriv
non scriv
non scriv
non scriv
non scriv |
ere
a
iamo
ete
ano |
non sent
non sent
non sent
non sent
non sent |
ire
a
iamo
ite
ano |
non fin
non finisc
non fin
non fin
non finisc |
ire
a
iamo
ite
ano |
|
L'IMPERATIVO E LE PARTICELLE PRONOMINALI
(qui usiamo come esempio la particella "ne)
|
verbi in - |
ARE |
verbi in -
|
ERE |
verbi in - |
IRE |
verbi in -
|
ISC-
|
(TU)
(LUI/LEI)
(NOI)
(VOI)
(LORO) |
parl
ne
parl
parl
parl
ne
parl |
ane
i
iamone
atene
ino |
scriv
ne
scriv
scriv
scriv
ne
scriv |
ine
a
iamone
etene
ano |
sent
ne
sent
sent
sent
ne
sent |
ine
a
iamone
itene
ano |
finisc
ne
finisc
fin
fin
ne
finisc |
ine
a
iamone
itene
ano |
|
L'IMPERATIVO - FORME IRREGOLARI*
|
|
|
|
|
|
andare |
va' |
vada |
andiamo |
andate |
vadano |
avere |
abbi |
abbia |
abbiamo |
abbiate |
abbiano |
dare |
da' |
dia |
diamo |
date |
diano |
dire |
di' |
dica |
diciamo |
dite |
dicano |
essere |
sii |
sia |
siamo |
siate |
siano |
fare |
fa' |
faccia |
facciamo |
fate |
facciano |
sapere |
sappi |
sappia |
- |
sappiate |
sappiano |
stare |
sta' |
stia |
stiamo |
state |
stiano |
volere |
- |
voglia |
- |
vogliate |
vogliano |
|
* con le forme
va', da', di' fa' e sta',
un eventuale pronome raddoppia la consonante
iniziale: vacci, dammi, dille, fanne, stacci.
(Non raddoppia la g- del pronome gli
perché il suono gli è già forte:
fagli, digli ecc)
E un ultimo
dettaglio...
In latino esisteva l'imperativo presente, ma
esisteva anche l'imperativo futuro (memento mori!).
È ovvio che l'imperativo ha sempre un carattere
futuro: se dico "mangia!" parlo di una azione
che deve ancora avvenire. Che senso ha allora una
forma di imperativo futuro?
Be' il senso è solo di massima "solennità". Una
solennità che si manifesta anche in italiano usando
il normale futuro per dare un ordine che in realtà
non è tanto un ordine ma una vera "sentenza" ("Non
avrai altro Dio all'infuori di me", dice il primo
dei Dieci Comandamenti!), una formula che esprime
non solo qualcosa che avverrà ma che deve
avvenire per forza.
In italiano colloquiale possiamo del resto usare
frasi come: "tu farai quello che dico io, chiaro?",
magari non solenni ma certo abbastanza determinate.