Quando avevo circa 8 anni
vivevo a Caserta. Un giorno due ragazzini poco più grandi di me
e figli di un piccolo boss locale hanno rubato la mia
bicicletta.
Per avere indietro la mia
bicicletta potevo scegliere tra queste tre opzioni:
a) pagare;
b) chiedere aiuto o protezione un altro ragazzo, anche lui
figlio di un boss locale, ma, pare, più forte e cazzuto, e che
sarebbe intervenuto a mio favore minacciando a sua volta i due
piccoli boss;
c) instaurare una trattativa, non con i due rapinatori, ma con
il fratello maggiore.
Ogni possibilità aveva i suoi pro e i suoi contro.
Pagare significava ottenere subito il dovuto, ma alla fine
dimostrarsi debole e dunque ricattabile in futuro.
Chiedere protezione a un altro voleva dire in pratica la stessa
cosa, in quanto il protettore ti |
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avrebbe chiesto
prossimamente un favore.
Instaurare una trattativa
significava dare importanza al mediatore che, detto in parole
povere, sempre un pezzo di merda era. Se io gli davo importanza
e un altro faceva lo stesso alla fine si formava la convinzione
che quello era veramente importante. Se diventa importante poi
un giorno ti potrà ricattare. |
Comunque ogni opzione aveva il suo codice linguistico ben definito.
Ipotesi a), pagamento coatto: in questo caso le parole sarebbero state
ridotte al minimo, i soldi infatti non richiedevano dispendio
linguistico. Di contro se le parole risultavano inutili, era il corpo a
dover parlare. Quindi mentre si pagava:
a1) non guardare il boss negli occhi
a2) dimostrarsi non solo remissivi ma anche gentili
a3) a scambio avvenuto, girarsi di spalle e senza guardarsi indietro
andare via di corsa.
Nel caso dell'ipotesi b),
protezione, il codice linguistico risultava più articolato e
impegnativo, in quanto era necessario:
b1) elogiare il boss al quale si chiedeva protezione
b2) mettere in evidenza le sue qualità di capo (rispetto a quell'altro)
b3) raccontare con enfasi melodrammatica il furto, sottolineando il
grave danno subito (l'enfasi era importante perché i boss amano svolgere compiti importanti).
Ipotesi c), mediazione con il
fratello più grande (13 anni) dei due boss. Linguisticamente la più
difficile, in quanto era necessario mostrare complicità con il
mediatore, tipo:
c1) elogio ironico dei due rapinatori: guarda che ti combinano quei
due disgraziati fetenti, delinquenti dei tuoi fratelli
c2) insistenza sulle potenzialità dei due: mi hanno fatto
prendere uno spavento, però veramente sono un talento, due colpi e via!
c3) sottolineare che i due sono bravi, è vero, però ora i conti si
chiudono con il mediatore, che più di tutti è in grado di capire la
situazione, e dunque proporre lo scambio: comunque come tu ben sai a
me la bicicletta serve, se sei così gentile da accettare uno scambio...
Per la cronaca: io ho scelto la terza ipotesi perché lo scambio (nel
mio caso figurine dei calciatori) sembrava un buon compromesso.
Ah, ovviamente, come potete vedere l'ipotesi di denuncia del furto alle
autorità competenti non era contemplata. |
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Questa
selezione di un racconto di
Antonio Pascale è tratta da "Lingua è potere", in Quaderni Speciali di Limes, Rivista bimestrale italiana di
Geopolitica, dicembre 2010, pagg. 47-49. Il costo della
rivista è 12 Euro, numeri arretrati 16 Euro.
Diamo quest'indicazione anche perché la storiella non
finisce qui e il seguito è estremamente interessante (oltre
che divertente): consigliamo quindi senza esitazioni a
chiunque ne abbia la possibilità di andarsela a leggere.
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