Matdid: Materiale didattico di italiano per stranieri aggiornato ogni 15 giorni.
A cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi

 
   

Giulia Grassi

 
DALLA PARTE DELLE BAMBINE
 
 

 
Dalla parte delle bambine è il titolo di un famoso libro di Elena Gianini Belotti, pubblicato nel 1973. Uno spunto per parlare del femminismo nel decennio 1970-1980
 


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  Fino alla fine degli anni Sessanta in Italia le donne vivono come nell'antica Roma, o peggio. Il Diritto di Famiglia (1942) stabilisce che la moglie è sottomessa al marito e che i figli nati al di fuori del matrimonio (figli naturali) non hanno gli stessi diritti dei figli legittimi.
La donna è tenuta alla fedeltà. L'adulterio infatti può essere punito con la morte: se un marito uccide la moglie dopo averla scoperta mentre "consuma" il suo tradimento non commette un omicidio ma un delitto d'onore e se la cava al massimo con 7 anni di prigione.
Lo stupro è una violenza contro la morale e non contro la persona (si sa, le donne stuprate "se la sono cercata").
L'aborto è un reato: tutti sanno che le donne abortiscono di nascosto, e che molte muoiono, ma ufficialmente in Italia nessuna interrompe volontariamente una gravidanza.
Il matrimonio è indissolubile, e divorzio è una parolaccia fino al 1970, quando viene approvata la legge (confermata da un referendum popolare nel 1974) che lo introduce anche in Italia.
 
   
 
manifestazione femminista (foto: Paola Agosti) Gli anni Settanta sono gli anni del femminismo militante. Le strade delle città italiane si riempiono di cortei di donne che rivendicano un nuovo ruolo nella società e (nuovi) diritti, sull'onda di quanto avviene nello stesso periodo nel resto del mondo occidentale. "Tremate, le streghe son tornate" e "Io sono mia" sono gli
slogan urlati in faccia agli stupiti, e preoccupati, uomini del Belpaese.
I temi della sessualità sono considerati
fondamentali nel determinare la discriminazione
rispetto agli uomini e il carattere 'maschilista' della società: per questo il Movimento di Liberazione della Donna (MDL), nato nel 1969, si impegna in due battaglie-simbolo, l'aborto e la violenza sessuale.
 
Le lotte per ottenere una regolamentazione dell'aborto o interruzione volontaria di gravidanza (Legge n° 194 del maggio 1978) durano un decennio: la prima manifestazione contro le norme che puniscono l'aborto come reato è del 20 novembre 1971. Il fallito referendum per abolire la legge ormai approvata dal Parlamento è del 17 maggio 1981.
un manifesto degli anni 70 Prima della legge 194 l'aborto era solo clandestino. Chi non aveva soldi finiva nelle mani di una mammana, che 'operava' in condizioni igieniche spesso disastrose: si poteva morire. Chi aveva i soldi andava in clinica da un "cucchiaio d'oro" (come venivano chiamati i medici che, a caro prezzo, praticavano aborti) o volava all'estero, nei paesi dove c'erano già leggi di regolamentazione.
Le femministe manifestano (con slogan provocatori come "l'utero è mio, e lo gestisco io"), partecipano attivamente ai processi contro donne accusate di "procurato aborto", fondano "Centri per la salute della donna" e "Consultori autogestiti" per la contraccezione (parola che in Italia è ancora un tabù).
Che si tratti di un argomento molto sentito nella società italiana si vede nel 1981: quando il Movimento per la Vita, con l'appoggio della Chiesa cattolica e della Democrazia Cristiana, propone un referendum per abolire la 194, il 68%degli italiani è contrario all'abolizione.

Altro tema caro al movimento femminista è quello della violenza sessuale. Momento centrale, e simbolico, delle loro battaglie è un processo celebrato nel 1978 contro quattro uomini accusati di aver stuprato una diciottenne, Fiorella, che ha avuto il coraggio di denunciarli. Il film girato in aula, Processo per Stupro, viene mandato in onda l'anno dopo in televisione. Le arringhe degli avvocati degli stupratori esprimono
convinzioni largamente diffuse nella società italiana: se una donna non vuole, non viene violentata, anche se gli aggressori sono in quattro; se non è piena di lividi, graffi  escoriazioni e tumefazioni significa che era consenziente; se resta a casa, e non va in giro a "provocare" i maschi, nessuno la violenta.
 
Lo stupro è una violenza di serie B. Non a caso è un reato contro la morale e un matrimonio riparatore può annullarlo: se lo stupratore sposa la stuprata è come se non fosse successo niente... E se una donna rifiuta il matrimonio e denuncia il violentatore, come aveva fatto nel 1967 la siciliana Franca Viola, viene considerata una pazza se non peggio.

Franca Viola in una foto all'epoca del processo

Il matrimonio riparatore viene abolito nel 1981; ma solo nel 1996 lo stupro diventa un reato contro la persona, come inutilmente avevano chiesto le femministe per anni.

Sempre nel 1981 scompare un'altra norma contro le donne, il delitto d'onore, una simpatica istituzione garantita dall'articolo 587 del Codice Penale: "Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella".
Del resto... considerando che per divorziare in Italia ci vogliono da un minimo di quattro anni fino a dieci o più... il delitto d'onore poteva essere una valida soluzione per abbreviare i tempi (come brillantemente proposto, fin dal 1961, nel film di Pietro Germi Divorzio all'italiana).

Un decennio formidabile, insomma, per i diritti dell'altra metà del cielo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Se a partorire fossero
gli uomini, l'aborto
sarebbe un sacramento"
(Franca Rame)

 

 

Oggi è in atto un curioso fenomeno. "Non sono femminista!" o "Non sono mai stata femminista!", rivendicano con orgoglio giovani, e meno giovani, signore in molti programmi televisivi.
Bè, stando a quello che si vede nella pubblicità o in televisione, forse un po' di sano, vecchio femminismo non guasterebbe...
 
 
Pubblicità di una linea di navigazione; apparsa a Napoli, giugno 2008

Pubblicità di Dolce&Gabbana, 2007: accusata di maschilismo e simulazione di uno stupro di gruppo

Presentatori maschi e valletta nel programma "Ciao Darwin"