Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma

 
 

Roberto Tartaglione

LINGUA E TABÙ

Si dice o non si dice: dal tabù linguistico al politically correct

 Anche i duci sbagliano, le correzioni autografe di Mussolini sulle prime bozze del libro "Colloqui con Mussolini", di Emil Ludwig

Come parlano i carabinieri, un branetto di Italo Calvino

  

Livello intermedio 2


  
I tabù linguistici riguardano parecchi aspetti del nostro modo di comunicare.
Alcuni - quasi per superstizione - ci impediscono di dire parole "brutte" che, soltanto a pronunciarle, potrebbero portare sfortuna (il mal sottile per la tubercolosi, il brutto male per il cancro e poi tutti i modi di dire per sostituire il verbo "morire": se n'è andato, non c'è più, è scomparso, si è spento ecc.)
 
Ci sono poi quelli legati alla sfera sessuale: sull'omosessualità abbiamo già detto in passato (vedi "
Europa culattona"); ma il vocabolario in questo campo è ricchissimo.
E quindi una ragazza vergine può essere anche pura e illibata (se non addirittura come mamma l'ha fatta) mentre una prostituta diventa una di quelle, una donnaccia, una donna di facili costumi o perfino una donnina allegra. L'organo sessuale maschile passa dall'innocente pisellino alla ben nota espressione cazzo (lemma che occupa un ruolo altissimo nel dizionario di frequenza della lingua italiana); il tutto attraverso un'infinità di eufemismi dialettali e non (vedi
Er padre de li Santi)
Se fare l'amore (che prevede partecipazione sentimentale) è il nemico numero uno di scopare (che prevede invece solo partecipazione fisica), entrambi questi modi di dire si confrontano con i freddissimi fare sesso, copulare, avere un rapporto sessuale, congiungersi carnalmente,  e più che mai con l'ironico conoscersi in senso biblico (del genere Abramo conobbe Rebecca e nacquero 18 figli).
 

Ma è nel "sociale" che i tabù linguistici ci regalano gli effetti più gustosi, in particolare quando il tabù si trasforma in politically correct e poi in censura.
Quella che in italiano era una innocentissima e correttissima definizione per una persona con il colore della pelle scuro, negro, per interferenza inglese, passa a nero, a di colore, afro-americano ecc.
Quello che negli anni Sessanta era un normale drogato negli anni Ottanta era già un tossicodipendente
La servetta del primo Novecento che veniva giovanissima dalla campagna per lavorare nelle famiglie borghesi di città, diventa prima donna di servizio e ora colf, collaboratrice familiare! Mentre il mestiere di spazzino era sporco e umiliante (se non studi, da grande farai lo spazzino!, dicevano le mamme ai loro bambini), netturbino è già più igienico e operatore ecologico addirittura prestigioso. E allo stesso modo un paramedico sarà certamente più affidabile di un infermiere così come il talento di un operatore scolastico non si potrà mai confrontare con quello del bidello! (Poca fortuna invece ha avuto il tecnico di laboratorio specializzato nella lavorazione del cuoio che continua a chiamarsi calzolaio o ciabattino).

Chi non aveva un lavoro stabile fino a qualche mese fa si chiamava co.co.co, parola foneticamente bellissima che ha avuto una discreta fortuna nella lingua parlata. L'origine di questo termine sta nel tipo di contratto di lavoro, di collaborazione coordinata e continuativa. La precarietà di questo lavoro richiedeva però un radicale cambiamento. E infatti oggi finalmente i co.co.co non esistono più. Oggi si fanno "contratti a progetto" che garantiscono un ruolo di lavoro parasubordinato.
La paga è la stessa, l'incertezza pure, ma lo stile è salvo! 
 
La questione fra i "normali" e "diversi" è stata poi la causa dell'uso e dell'abuso delle virgolette e del modo di dire "fra virgolette". Cieco diventa non-vedente, sordo  

diventa non-udente, handicappato diventa portatore di handicap, disabile o diversamente abile. In un recente articolo (La Repubblica, 6 novembre 2004, pag. 39) Umberto Eco, a questo proposito, definisce Berlusconi persona verticalmente svantaggiata intesa a ovviare una regressione follicolare (basso e pelato). 
 
È proprio in politica che il tabù linguistico si può trasformare in vera e propria arma di manipolazione del messaggio: l'Italia non farebbe mai la guerra ma può partecipare a missioni di pace o al massimo ad azioni di polizia internazionale. E sempre nell'ambito di un intervento umanitario. Gli iraqeni che sparano addosso agli americani sono terroristi, guerriglieri, ribelli o resistenti? Qualcuno in televisione li ha chiamati perfino partigiani, scandalizzando molti telespettatori.

E i quattro italiani rapiti in Iraq, che lavoravano per imprese americane, che lavoro facevano? "Erano mercenari!" dicono i più accesi di sinistra; "No, erano emigranti!" rispondono quelli di destra. Meglio non prendere posizione e fare come hanno fatto molti giornali che hanno usato il termine inglese contractors (che in fondo in fondo significa co.co.co).

Ma forse questi sono problemi che non interessano troppo gli italiani. Hanno questioni più immediate da risolvere, loro! Chi vive con 500 Euro al mese (e sono milioni) è certamente molto felice di non essere povero. Tuttavia si preoccupa molto di uscire dalla categoria di quelli che sono rimasti indietro.