Matdid: Materiale didattico di italiano per stranieri aggiornato ogni 15 giorni.
A cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi

 
   

Roberto Tartaglione

 
LA RIVOLUZIONE NON  RUSSA

Un'occhiata alle titolature del quotidiano Il Manifesto


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  Si parla spesso di "settimanalizzazione del quotidiano". Questa espressione significa che il giornale quotidiano oggi non è più il "primo" mezzo di informazione dei cittadini (le notizie ci arrivano prima attraverso la radio, attraverso internet e soprattutto attraverso la televisione) e per questo assume sempre di più le caratteristiche del giornale settimanale: si specializza così nel commento piuttosto che nella vera e propria ricerca di informazioni.
 
In questa progressiva "settimanalizzazione" anche i titoli tendono a diventare meno esplosivi dal punto di vista informativo e più impressivi per quanto riguarda l'impatto sul lettore, ricalcando il modello dello slogan pubblicitario, quasi a voler raggiungere lo stesso effetto.
 
Lo stile di questi titoli è infatti proprio quello pubblicitario: si manipola una "frase-fatta", un proverbio o un modo di dire per ottenere un risultato di doppio senso di grande efficacia.

Questo tipo di titolature, che una volta era caratteristico del settimanale "l'Espresso", è oggi quasi un marchio che contraddistingue la prima pagina del giornale Il Manifesto.
Si tratta di titoli che se per gli italiani sono così fortemente impressivi, per gli stranieri possono essere assolutamente incomprensibili, visto che si richiamano sempre al bagaglio culturale proprio dei nativi.
 
Alcuni sono relativamente facili:

Il pastore tedesco è un cane, un cane da guardia, non cattivo ma certamente aggressivo. Papa Ratzinger è tedesco e, come ecclesiastico è un pastore di anime.
L'uomo nero è il personaggio delle favole che spaventa i bambini (se fai il cattivo viene l'uomo nero che ti si mangia!). Barak Obama è l'uomo, nero di pelle, che spaventa i Repubblicani.
La primadonna è l'attrice teatrale che ha il ruolo di protagonista, amata da tutti e spesso con un atteggiamento da grande diva. Ségolène Royal è la "prima donna" che si candida per la presidenza della Francia. Bella come un'attrice, non disdegna atteggiamenti da primadonna.

Un po' più complicati i titoli che si rifanno a testi di canzoni, note a tutti gli italiani, ma certo non altrettanto familiari all'orecchio di uno straniero:

Avanti popolo, alla riscossa, bandiera rossa, bandiera rossa... è il testo di un canto della tradizione comunista italiana. Ma oggi le manifestazioni di piazza le fanno giovani che sono più legati alla musica pop che non agli antichi canti comunisti. Quindi: avanti pop!
 
Ti stai sbagliando, chi hai visto non è, non è Francesca...
cantava Lucio Battisti negli anni Settanta, augurandosi che la sua Francesca non fosse andata a letto con un altro uomo. E quando dopo una crisi di governo il politico Francesco Marini non riesce a formare una coalizione e a diventare Presidente del Consiglio, Il Manifesto titola: Non è Francesco!

Vengo anch'io? No, tu no... era una divertente canzone di Enzo Jannacci, popolarissima. Nel bagaglio culturale dei nativi l'espressione "No tu no!" è diventata familiare come un proverbio o un modo di dire. E se un extracomunitario che vive, lavora e paga le tasse in Italia chiede di votare alle elezioni amministrative della sua città, che risponde il governo? No, tu no!
 
Davvero difficili invece titoli come i tre che seguono:

Il boia è l'uomo che, per professione, esegue la sentenza di morte: è quello che taglia la testa al condannato, quello che mette la corda al collo a chi deve essere impiccato o collega l'elettricità alla sedia elettrica. Brutta parola quindi. Nell'italiano parlato l'epiteto "boia" è rivolto a qualcuno che detestiamo, a un affamatore di popoli, a un criminale o genericamente a un assassino senza pietà. Mollare significa invece "lasciare, abbandonare, non continuare a resistere" nel senso di non andare avanti per sfiducia o per stanchezza. "Boia chi molla" è un famoso slogan nato alla fine del secolo scorso e diventato negli anni Quaranta un motto dei fascisti che, quando la guerra era ormai perduta, invitavano i camerati a continuare ad appoggiare Mussolini; anche dopo la guerra i gruppi di estrema destra manifestano volentieri gridando "boia chi molla!", come dire "Maledetto chi lascia la nostra lotta".
Così, quando un boia degli Stati Uniti d'America va in pensione... Il Manifesto, con un poi di umorismo e un po' di disprezzo, titola: Un boia che molla.

 


Il Papa mazzola Rivera
. Un comico italiano (si chiama Rivera) ha detto alcune battute contro il papa. Il Vaticano ha reagito condannando Rivera e facendo qualche dichiarazione disgustata nei suoi confronti. Mazzolare significa appunto "dare un colpo, fare una lavata di testa". Insomma il papa ha mazzolato Rivera. Fin qui tutto normale.
L'effetto comico lo si percepisce solo in un caso: solo se sappiamo che Sandro Mazzola e Gianni Rivera sono i due più famosi calciatori della Nazionale italiana negli anni Settanta. Il papa mazzola Rivera quindi è un gioco di parole eccezionalmente divertente e suona quasi come... una lista di nomi.

La Ecoballa è un termine diventato famoso quando si parlava di smaltimento dei rifiuti. Alcune società erano incaricate di trasformare i rifiuti della città in "balle" (come dei contenitori compressi di immondizia) e poi di smaltire appunto queste ecoballe: tutto questo non è stato fatto e Napoli si è riempita di spazzatura. In quel periodo sulla questione "smaltimento rifiuti" si sono dette molte cose (è colpa della sinistra, è colpa della destra, è colpa della mafia, ecc.).
Giocando sul fatto che in italiano la parola "balla" significa anche "bugia, falsità, cosa non vera", il Manifesto titola: Ecoballa. Non si riferisce  alle balle di immondizia ma alle "balle=bugie" che si raccontano a proposito di ecologia.

I titoli del Manifesto dunque giocano sempre su doppi sensi di questo tipo. Vale ancora la pena citare il "Divina Sapienza" riferito all'episodio in cui il papa ha rinunciato a andare all'Università di Roma (che si chiama La Sapienza) dove gli studenti avevano manifestato contro la sua visita.
 
Lo stile del Manifesto comunque non è ignorato anche da altri giornali. E infatti quando gli studenti hanno manifestato contro la legge sulla scuola voluta dal ministro di destra Mariastella Gelmini, l'Unità ha titolato "Classe di lotta" alludendo alle classi delle scuole che si mobilitavano contro il governo. Ma nello stesso tempo il gioco linguistico è chiarissimo: ricalca ovviamente l'espressione marxista "lotta di classe".

 
Se pure non si tratta di un titolo, bisogna infine dire che la trovata linguistica migliore del Manifesto è forse stata quella pubblicitaria: anni fa, per pubblicizzare il giornale, sui muri, negli autobus, lungo le strade e su varie riviste è comparsa la scritta, vicino all'immagine di un bambino che dorme, "La rivoluzione non russa".
Per un giornale comunista è davvero una bella trovata.
 
Guardate l'immagine qui sotto: riuscite a capire il gioco di parole?
Ah, va detto che lo slogan è stato creato da Sandro Baldoni, scrittore e regista, giornalista del Manifesto e dell'Espresso, collaboratore di giornali satirici come Cuore e il Male.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Avanti popolo
 

 
Non è Francesca

 

 
Vengo anch'io! No tu no