Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma

 
 

Giulia Grassi e  Roberto Tartaglione  

 

CONTRO LA JELLA

  
 
I rimedi contro la jella e contro gli iettatori
Link a "La patente", atto unico di Luigi Pirandello (livello intermedio 3)
 
 

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Mettiamo subito in chiaro una cosa: non crediamo nel malocchio (influenza negativa di chi ci guarda con occhio malvagio, cattivo, che porta male), né nella jella (sfortuna), né negli iettatori o menagrami (coloro che portano jella o che "tirano il malocchio"). E nemmeno nella scaramanzia: non diciamo formule come Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio, uno scongiuro popolaresco contro il malocchio (anticamente, nel sud Italia, si credeva di poter scacciare il malocchio con dei riti magici a base di prezzemolo e finocchio tritati); e non teniamo in tasca un corno portafortuna, un gobbo o un ferro di cavallo.
Ma la superstizione, con tutti i rimedi che sono ad essa legati, può essere un argomento divertente e rilassante (soprattutto se non si è napoletani, perché a Napoli il malocchio e la scaramanzia sono cose serissime).

Come riconoscere uno iettatore? Non ci sono dubbi: è
arcigno, cattivo, solitario, silenzioso, solitamente magro, pallido o di colorito giallognolo, leggermente curvo e con gli occhi un po' sporgenti, che egli spesso copre con un paio di occhiali, e con sopracciglia folte e unite.
Così lo rappresenta la tradizione popolare e così lo ha interpretato Totò nell'episodio "La patente" del film di Luigi Zampa "Questa è la vita" (1954)
: Totò è Rosario Chiarchiaro che, perseguitato dalla fama di essere un  menagramo, chiede ed ottiene dal giudice la patente di iettatore (si tratta della trasposizione cinematografica di un'opera teatrale di Luigi Pirandello).

L'attore Totò nei panni dello iettatore Rosario Chiarchiaro (film "Questa è la vita", del 1954)
Come salvarsi dall'influenza negativa di uno iettatore? Appena lo vedete, puntategli contro la mano con l'indice e il mignolo tesi e le altre dita piegate: cioè fate le corna. È il rimedio migliore per allontanare la mala sorte, il maleficio. Oppure mormorate una formula contro il malocchio, magari accarezzando contemporaneamente un oggetto portafortuna (amuleto).
 
Amuleti - corni e gobbi - fotografati in un negozio di Napoli, in via di San Gregorio Armeno (estate 2001) Il portafortuna per eccellenza è il corno, rigorosamente rosso e preferibilmente di corallo e fatto a mano (anche se oggi si trova soprattutto in plastica e prodotto industrialmente). 
Il corno perché sembra che fin dall'epoca neolitica era simbolo di potenza e di fertilità e quindi era di buon augurio per chi lo possedeva. In corallo, perché la mentalità popolare considerava il corallo una pietra preziosa col potere di scacciare malocchi e proteggere le donne incinte. Rosso perché è un colore che viene associato spesso, e in molte culture, alla fortuna. Fatto a mano perché acquista poteri benefici dalle mani che lo realizzano.

Il corno non si compra: si regala, tutt'al più si ruba (scherziamo...): in caso di necessità - se vediamo uno iettatore, se un gatto nero ci attraversa la strada, se passiamo distrattamente sotto una scala - dobbiamo sfregarlo energicamente tra le dita. 
A Napoli si chiama 'o curniciello (cornetto).

Alcuni modelli sono forniti di gobba. Infatti il gobbo è un altro portafortuna: la sagoma di un gobbo ricorda qualcuno che è curvo sotto il peso di qualcosa. Nel passato questo peso è stato associato alla ricchezza ed alla fecondità. Si usa come il corno.
I più superstiziosi se vedono una persona con la gobba non esitano a toccarla (porta bene), magari con una scusa: "Come va?" (se è un conoscente), "Le ho tolto un insetto dal vestito" (se è uno sconosciuto). 
A Napoli si chiama 'o scartellato.
Molto diffuso è anche il ferro di cavallo. Ci sono tante ipotesi sull'origine di questo talismano: la forma a mezzaluna, simbolo della dea Iside; il ferro, metallo con il quale viene prodotto; un'origine militare (nell'esercito romano le truppe marciavano a piedi e solo gli ufficiali andavano a cavallo; la perdita di un ferro da zoccolo causava una sosta, e quindi riposo, per le truppe. Rubare o trovare ferri di cavallo era così diventato un gioco tra i soldati: chi ne trovava di più era il vincitore, e quindi il più fortunato). 
Si teneva, e si tiene, appeso dietro la porta d'ingresso, come porta fortuna e rimedio contro la jella. Molti raccomandano di appenderlo con le punte rivolte verso l'alto: in caso contrario, la fortuna potrebbe scappare fuori.

Infine il quadrifoglio, considerato un portafortuna non solo per la sua rarità, ma anche per la sua forma che ricorda una croce. Porta fortuna a chi lo trova e a chi lo riceve in dono. Ogni foglia rappresenta una qualità: reputazione, ricchezza, salute e amore sincero.
Con scopo benaugurale, il quadrifoglio compare nel marchio dell'Alfa Romeo fin dagli anni Venti.

 
In ogni caso, ricordatevi di non aprire l'ombrello in casa, di non mettere sul vostro letto monete, ma nemmeno il cappello, di non rovesciare l'olio o il sale sulla tovaglia, di non incrociare le mani dietro la testa, di non sedervi a tavola con altre dodici persone (mai in 13 a tavola), di non uscire di casa il venerdì 17, di non rompere assolutamente uno specchio (ben sette anni di guai).
Che fatica guardarsi dalla mala sorte...