Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma |
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La Tempesta di Giorgione è una delle opere più controverse della pittura occidentale. Il patrizio veneziano Marcantonio Michiel cita nel suo "Notizie d'opere del disegno" un quadro visto nel Palazzo Vendramin di Venezia nel 1530: "el paesetto in tela cun la tempesta, cum la cingana [zingara] et soldato ... de man de Zorzi de Castefranco". Tutti i critici identificano il quadro descritto con questo di Giorgione. Almeno fino al XVIII secolo fa parte della collezione Vendramin. Nel 1875 diventa proprietà dei principi Giovannelli che, nel 1932, lo vendono allo Stato Italiano. Attualmente si trova nelle Gallerie dell'Accademia di Venezia. Generazioni di studiosi hanno versato fiumi di inchiostro nel tentativo di comprendere cosa rappresenti "veramente" il quadro. Che relazione lega le persone dipinte in quel bellissimo paesaggio? La città fortificata è reale o immaginaria? E perché sta per scatenarsi un temporale? Si tratta di un racconto (mitologico, biblico...), di una allegoria o, addirittura, di una pura fantasia dell'artista? Non è la prima volta che un dipinto è oggetto di interpretazioni diverse (basti ricordare La Primavera di Botticelli, ma anche La Flagellazione di Urbino di Piero della Francesca e L'Amor Sacro e l'Amor profano di Tiziano), ma sulla Tempesta le posizioni dei critici sono addirittura inconciliabili. E ogni studioso nel proporre la "sua" interpretazione demolisce quelle che lo hanno preceduto... venendo a sua volta demolito dal critico successivo. Quello che segue è un breve elenco, non completo, delle varie ipotesi.
Fino alla metà del XIX secolo la scena
era interpretata, forse un
po' ingenuamente, come un ritratto dell'artista con la sua famiglia, e il dipinto era
intitolato La famiglia di Giorgione. |