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Questo quadro è uno dei simboli della Galleria Borghese
e una delle opere più belle di Tiziano Vecellio giovane:
colori intensi e corposi, figure femminili sensuali, un
paesaggio reso naturalisticamente. Una vera celebrazione della
bellezza e della maestrìa coloristica del pittore.
Ma l'opera condivide lo stesso destino di altri celebri quadri
rinascimentali (La
Primavera di Botticelli,
La
Tempesta di Giorgione, La Flagellazione
di Piero della Francesca): non ne conosciamo la data sicura
di esecuzione e nemmeno il soggetto reale dipinto.
La sola descrizione iconografica, infatti, non aiuta a comprendere il significato della scena.
Due donne molto somiglianti tra di loro, l'una
sontuosamente abbigliata e l'altra seminuda, siedono
alle estremità di un sarcofago scolpito e adibito a
fontana; tra loro un amorino, con le mani nell'acqua. Il
gruppo è collocato in un ampio paesaggio, scosceso e
fortificato dietro la vestita, pianeggiante e sereno dietro
la nuda.
Chi sono le donne? Qual è il significato degli abiti,
dei gioielli e degli oggetti che le qualificano? Il paesaggio è solo uno sfondo o è collegato alle
figure? E lo sono anche i rilievi scolpiti sul
sarcofago? L'acqua, e Amore, che senso hanno? In poche
parole: cosa ha dipinto veramente Tiziano?
In realtà non lo sappiamo. Il titolo Amor sacro e
Amor profano non è
quello originale ma è apparso in un inventario della
Galleria Borghese solo nel 1792 (box a destra). E da
quando nel 1877 due studiosi (Cavalcaselle e Crowe)
proposero di intitolare l'opera Amore ingenuo e Amor
sazio sul soggetto del dipinto, e relativo
'ipotetico' titolo (box a destra), si è misurato un numero
impressionante di studiosi.
Forse nemmeno Tiziano aveva le idee chiare. Il restauro
effettuato tra 1990 e 1993 (R. Dionisi e A. Marcone), e
celebrato nel 1995 con una grande mostra al Palazzo
delle Esposizioni a Roma, ha permesso di scoprire la
complessa genesi della composizione: i numerosi
pentimenti emersi dalle radiografie indicano i dubbi che
attanagliarono il pittore sia riguardo la concezione
generale sia a proposito dell'esecuzione.
Insomma, un vero rebus.
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Partiamo dai dati
accettati da tutti, o quasi, frutto delle
osservazioni e delle scoperte di numerosi
studiosi nel tempo.
Sembra ormai assodato che il quadro sia un
dono di nozze.
Sul sarcofago è dipinto lo stemma della famiglia
Aurelio (a), identificato da Mayer nel 1939,
mentre nel bacile poggiato sul bordo c'è lo
stemma della famiglia Bagarotto (b), scoperto da
Wethley nel 1975. Così il quadro è stato
collegato al matrimonio celebrato nel 1514 a
Venezia tra Niccolò Aurelio e Laura Bagarotto,
tesi rafforzata dal fatto che la 'vestita' indossa un abito
nuziale bianco e rosso stretto da una cintura (alla condizione
di sposa alluderebbero anche il mazzetto di rose nella mano
destra, la coroncina di mirto sul capo, i
capelli sciolti e i guanti).
Quindi il quadro sarebbe il dono dello sposo
alla sposa... Ma quale relazione c'è tra le due
donne, più tutto il resto, e l'ipotesi nuziale? |
a
b
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Adesso viene il difficile. Prima di
questa 'svolta matrimoniale' le due donne erano
state identificate con varie figure, allegoriche o mitologiche,
e si erano trovati dei nessi tra loro e le scene scolpite sul
sarcofago, e anche il paesaggio. L'elenco è lungo e complesso:
proviamo a sintetizzare.
La scena è stata interpretata come la personificazione
della Carità (Freyan, 1947); come un'allegoria
dell'amore pagano, Amor Saeculi, opposto
al biblico Amor Dei
(Cantelupe, 1964); o, richiamandosi all'Iconologia di
Cesare Ripa, come la contrapposizione allegorica tra la
Felicità breve, la donna vestita e ingioiellata che si
accontenta di piaceri effimeri, e la Felicità eterna, la
nuda che disprezza i beni terreni (De Tervarent, 1963).
C'è chi nelle donne ha visto Artemide e la
ninfa Callisto (Schrey, 1914), o Psyche e Venere
(Larsen, 1955). Venere è la protagonista della lettura in chiave
neoplatonica proposta da
Panofsky (1930): richiamandosi a Marsilio Ficino,
lo studioso interpreta le donne come Venere Volgare o terrena
(vestita), che simboleggia la forza generatrice, e Venere
Celeste (nuda), simbolo di bellezza eterna e universale. Figure
non in conflitto tra di loro bensì espressione dei due gradi
dell'Amore che conducono alla perfezione: la contemplazione
della bellezza terrena, specchio di quella celeste, prelude alla
perfezione ultraterrena.
Altri interpretano la scena come esortazione all'amore e ne
individuano le fonti nella letteratura. Per Wickoff (1895) si
tratta di Venere che incita Medea a seguire l'amato
Giasone, come narra Valerio Flacco nelle Argonatiche;
per Ozzola (1906) di Venere che spinge Elena ad
abbandonare Menelao, come scritto nel III libro
dell'Eneide.
Qualcuno chiama in causa l'Hypnerotomachia Poliphili di
Francesco Colonna, un testo pubblicato a Venezia nel 1499, ma
proponendo valutazioni diverse. Per Friedländer (1938) il quadro
è un'illustrazione del romanzo e le donne sono la protagonista
Polia e Venere, che la esorta ad amare Polifilo. Calvesi (1989)
interpreta il romanzo, e quindi il quadro, come un'allegoria
dell'alternanza delle stagioni: le donne vengono identificate
come Proserpina e Venere, anche in base ai rilievi scolpiti sul
sarcofago (ratto di Proserpina, Venere soccorre Adone aggredito
da Marte).
Poi il quadro è diventato un dono di nozze, e
l'attenzione si è spostata sul matrimonio e sugli sposi,
peraltro protagonisti di una sanguinosa vicenda familiare. Nel
1511 il padre di Laura Bagarotto, Bertuccio, accusato di
connivenza con il nemico (Padova, alleata dell'imperatore contro
Venezia) era stato condannato a morte per alto tradimento
dal "Consiglio dei Dieci":
Niccolò Aurelio era il segretario di quel consiglio. Il quadro,
dipinto in occasione delle nozze del 1514, è stato allora
interpretato sia in chiave politica (la riconciliazione tra le
famiglie e il superamento della morte violenta di Bertuccio
grazie all'amore coniugale) sia in chiave sociale
(il ruolo della
sposa, l'istituzione del matrimonio, la condizione della donna).
Per Gentili (1990) la vestita è la Sposa (non Laura ma la sua
'rappresentazione' come sposa), la nuda è Venere, che deve
persuaderla ad accettare le nozze, e l'amorino che miscela
l'acqua nel sarcofago-fontana è Amore, che trasforma la morte
(scene scolpite) in vita. Per Maria Luisa Ricciardi (1986) nella
vestita è effettivamente ritratta Laura mentre viene esortata da
Venere ad aprirsi a Venezia: il paesaggio alle loro spalle
allude, rispettivamente, a Padova e a Venezia. Le violente scene
sul sarcofago richiamerebbero il tradimento di Venezia e la
punizione del padre traditore.
Rona Goffen (1993) allarga il discorso da 'un'
matrimonio al matrimonio come istituzione e alla sua importanza
per le donne di quel periodo: sul quadro non c'è il ritratto di
Laura ma la celebrazione della 'sposa' come categoria e la
consapevolezza, nuova e liberatoria, della propria sessualità.
La Sposa ideale è il titolo proposto da Guidoni (1999),
in quanto l'opera della sposa illustra i due ruoli più
significativi: la moglie elegantemente abbigliata per la vita
ufficiale e la compagna d'amore nel talamo nuziale. Inoltre, per
l'autore, nel quadro si illustra anche la tematica (giorgionesca)
della peste, e della sua cura mediante il bagno.
.... Basta così. Mi gira la testa. Credo anche a voi.
Ah, se Tiziano potesse tornare per raccontarci come stanno
effettivamente le cose! |
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tecnica |
olio su tela |
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misure |
cm
118 x 279 |
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data |
1514-15 (presunta) |
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titolo in inventari Collez. Borgh. |
Beltà adorna e Beltà disadorna
(1613)
Tre Amori (1650)
Amore Divino e Amore Profano con un
amorino (1693)
Amor Sacro e Profano (1792) |
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'titoli' moderni
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Amore ingenuo e Amore sazio / Sincerità e
diffidenza / Amore e Castità / Desiderio d'amore
e Amore appagato / Venere e Medea / Amore
celeste e Amore terrestre / Venere e Elena /
Saffo e Naiade / Diana e Callisto / Venere
Urania e Venere Pandemos / Polia e Venere / Amor Celestis e Amor Saeculi /
Psyche e Venere / Felicità breve e felicità
eterna / Amor Saeculi e Amor Dei /
Proserpina e Venere / Virtus e Voluptas / Laura
Bagarotto e Venere / Laura Bagarotto e Veritas |
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Immagine
ad alta definizione
(Galleria Borghese)
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