SCUDIT, SCUOLA D'ITALIANO ROMA, PRESENTA MATDID,
MATERIALI DIDATTICI DI ITALIANO PER STRANIERI
A CURA DI ROBERTO TARTAGLIONE E GIULIA GRASSI

 

Materiale: n. 236_LINK  -  Data: 03.10.2010  - Livello: A2
autore:
Roberto Tartaglione 

LO STRANO CASO DELLA
SCUOLA DI ADRO



 TORNA ALLA LETTURA
 
 

 

 

I materiali di Matdid sono scaricabili liberamente come supporto per lezioni di italiano. Ne è vietata la pubblicazione su carta o in formato digitale salvo autorizzazione.
 
 
Adro è un piccolo paese in provincia di Brescia, nell'Italia del nord.
È famoso per almeno un paio di cose: per la produzione di vino e perché nel suo cimitero sono sepolti i fratelli Dandolo, due eroi del Risorgimento italiano.
 
Enrico Dandolo infatti ha partecipato alle "Cinque giornate di Milano" nel 1848 e alla Prima Guerra d'Indipendenza. Nel 1849 è a Roma, Capitano del Battaglione Bersaglieri Lombardi. Combatte contro i Francesi per difendere la Repubblica Romana e muore in battaglia a Villa Corsini a soli 22 anni.

Emilio Dandolo, a fianco del fratello sia a Milano che a Roma, a Villa Corsini viene solo ferito. Dopo la fine della Repubblica Romana fugge a Marsiglia e a Lugano. Scrive alcuni libri e poi parte volontario per la Guerra di Crimea con i Piemontesi. Morirà nel 1859, a 29 anni, senza riuscire a vedere il nord liberato dagli austriaci.

La vecchia scuola pubblica del paese era chiamata quindi "Fratelli Dandolo".
Ora che nel paese c'è un sindaco della Lega e che la scuola è stata ricostruita, le cose sono cambiate un po'.

 

Ora ad Adro c'è una nuova scuola pubblica. E non si chiama più "Fratelli Dandolo" ma "Polo Scolastico Gianfranco Miglio".
E qui abbiamo già due... bizzarrie. La prima: che intitolare una scuola a Gianfranco Miglio (ideologo del partito Lega-Nord e teorizzatore della divisione dell'Italia in tre macroregioni) dopo che era stata intestata ai fratelli Dandolo (eroi dell'unità d'Italia) suona un po' fastidioso.
La seconda: per legge, in Italia, non si può intitolare una scuola a un personaggio morto meno di 10 anni fa senza avere speciali permessi che si ottengono su richiesta del consiglio dei docenti dell'istituto. Non risultano né richieste né permessi. Il sindaco leghista ha fatto tutto da solo.

Ma la cosa che ha fatto sobbalzare tutti gli italiani di buon senso è un'altra. La scuola è decorata in modo vistoso, anzi vistosissimo, con 700 simboli (avete letto bene: settecento!!!) del "sole delle Alpi". Questo simbolo è nei giardini, sui tappeti, sui banchi, dappertutto nella scuola di Adro.

"Be'? Cosa c'è di male?", ha dichiarato sorpreso il sindaco leghista di Adro. "Il sole delle Alpi è da sempre il simbolo del nostro paese, richiama la nostra cultura e le nostre tradizioni".

Ma il problema è un altro: quel simbolo verde, stilizzazione del sole delle Alpi, è proprio il simbolo della Lega, il partito del sindaco di Adro. E la domanda è ovvia: è democratico far vivere i bambini in una scuola decorata con 700 simboli di un partito politico?

"Ma sì - dice il sindaco - anche la Lega usa il sole delle Alpi come simbolo, ma questo è solo un caso! Il sole delle Alpi è un simbolo antichissimo e nella scuola c'è solo per ricordare questa antica tradizione!"

Indubbiamente il sole delle Alpi, come simbolo, esiste da prima della Lega. Ma anche la svastica esiste da prima del nazismo e anche falce e martello sono strumenti che precedono il comunismo. Eppure penso che avrei qualche problema a chiudere la cintura dei miei pantaloni con questa bellissima fibula del II secolo dopo Cristo, che potete vedere nell'immagine qui sotto. Confesso che preferirei girare in mutande.

La cosa più sorprendente è comunque il fatto che il sindaco di Adro parli come se gli italiani fossero completamente dementi: sostenere che il sole delle Alpi con cui lui ha decorato la scuola "assomiglia al simbolo della Lega" è un'offesa all'intelligenza di chi ascolta.
Ma certo il sindaco è in buona fede.
E siamo sicuri che spenderà presto i 30 mila Euro necessari per rimuovere tutti e 700 i simboli della Lega dalla scuola.  Così come siamo sicuri che pagherà presto i 20 mila euro di tasse evase dalla ditta della sua famiglia, secondo quanto ha stabilito la Corte di Cassazione che ha condannato il 23 giugno scorso la sua impresa "Eredi Lancini".