Matdid: Materiale didattico di italiano per stranieri aggiornato ogni 15 giorni.
A cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi

 
   

 
Roberto Tartaglione


 

SOSTIENE PISACANE
 
 
 
 
A parte l'immagine che viene tramandata dai libri di scuola e dalla retorica risorgimentale: che cosa pensava esattamente Carlo Pisacane? Basta leggere quello che ha scritto per capirlo.
 

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Poco prima di partire per la sua spedizione di Sapri, dove perderà la vita, Pisacane scrive un testo in cui chiarisce bene le sue intenzioni.  Lo scrive - dice - proprio perché sa che la gente è sempre pronte a applaudire i vincitori e a maledire i vinti. E sente quindi il bisogno di spiegare che morire nella spedizione di Sapri non significherà per lui essere un "vinto".

Gli argomenti che tratta sono di una attualità impressionante: la violenza come unica arma per riscattare il popolo oppresso, il gesto isolato come stimolo per la presa di coscienza delle masse popolari senza istruzione, la convinzione che l'unità del paese deve essere una conquista rivoluzionaria e non una imposizione di "padroni" appena più progressisti di altri.
Sono tesi che sostenute oggi... porterebbero diritti in galera!
Eppure, suona bizzarro, a Carlo Pisacane sono intitolate strade, piazze, scuole e poesie.

Ma cosa scrive di così sovversivo questo eroe del Risorgimento italiano? Vediamolo.

     
Sostiene Pisacane che il grande progresso tecnico e industriale ha aumentato di molto i beni prodotti: ma questi beni restano concentrati in poche mani. La maggior parte delle persone infatti non trae nessun vantaggio da questo progresso.  
(E già qui sembra di leggere una recente statistica sociale italiana in cui si dice che oggi, anno 2011, il 50% della ricchezza è concentrato nelle mani del 10% della popolazione).

Quindi secondo lui c'è poco da fare: l'Italia deve conquistare la vera libertà o sarà per sempre schiava.
Soluzioni di compromesso (il regime costituzionale concesso dai Savoia in Piemonte o perfino certe aperture concesse in Lombardia dall'impero asburgico) peggiorano la situazione perché  ritardano la conquista della vera libertà. E per essere chiaro Pisacane sostiene che per lui Savoia, Austriaci o Borboni sono proprio la stessa cosa. Anzi, quest'immagine progressista del Piemonte rallenta il processo di rivoluzione: meglio il regime Borbonico che, con  sua barbarie, prima o poi provocherà una reazione popolare.

Il punto è questo, sostiene Pisacane: le idee nascono dai fatti e non i fatti dalle idee. Il popolo non sarà libero perché sarà istruito, ma diventerà istruito quando sarà libero.  
(Provate a immaginare se nell'Ottocento invece che i sovrani borbonici o austriaci fosse stata la televisione a tenere la gente nell'ignoranza... che avrebbe scritto allora Pisacane? Avrebbe scritto che il popolo non spegnerà la televisione quando sarà istruito ma sarà istruito quando spegnerà la televisione? Mah... chissà)

Le cospirazioni, i complotti, i tentativi di insurrezione sono, secondo Pisacane, i fatti attraverso i quali l'Italia s'incammina verso l'unità. Le violenze di Milano hanno prodotto una propaganda molto più efficace che mille volumi scritti dai dottrinari.  
(Anche qui sembra leggere i giornali di questi giorni: gli studenti universitari, ribellandosi alla nuova legge che taglia i fondi per cultura ricerca e scuola, durante una manifestazione hanno distrutto vetrine e incendiato automobili. Violenza da condannare? Certamente sì, dice qualunque bravo cittadino democratico: ma da che parte sarebbe stato Pisacane?)

Ci sono delle persone che dicono che la rivoluzione deve essere fatta dal paese. Ma il paese è composto di individui, e se tutti attendono tranquillamente il giorno della rivoluzione senza prepararla con la cospirazione, la rivoluzione non scoppierà mai. Se invece pensiamo che la rivoluzione si deve fare dal paese e io sono parte infinitesimale di questo paese... allora la rivoluzione sarà fatta immediatamente e sarà invincibile perché immensa.
 

(E qui sembra quasi di leggere una critica agli stanchi intellettuali della sinistra italiana, ridicolizzati già decenni fa in questa bella canzone di Giorgio Gaber)

Io, sostiene Pisacane,  stimo chi approva la cospirazione anche se lui stesso, personalmente, non cospira. Ma disprezzo profondamente quelli che non solo non vogliono fare niente ma adorano biasimare e maledire gli uomini d'azione.

Io non penso di essere il salvatore della patria.
Se riesco ad arrivare a Sapri io avrò ottenuto un grande successo personale, anche se dovessi lasciar la vita sul patibolo. Io non posso che fare questo, e lo faccio. Il resto dipende dal paese, e non da me. Io ho solo la mia vita da sacrificare per quello scopo: ed in questo non ho esitazioni.

Se l'impresa riesce, otterrò gli applausi generali: se muoio, il pubblico mi biasimerà. Sarò chiamato pazzo, ambizioso, turbolento. Quelli, che nella loro vita non hanno mai fatto niente e sono bravissimi a criticare gli altri, analizzeranno  il mio  tentativo, capiranno tutti i miei errori, mi accuseranno di non esser riuscito per mancanza di spirito, di cuore e di energia... Tutti questi detrattori, lo sappiano bene: li considero non solo incapaci di fare ciò che io ho tentato, ma anche di incapaci di concepirne l'idea.

E conclude Pisacane: se non riesco, dovete sapere che disprezzo profondamente l'uomo ignobile e volgare che mi condannerà. Ma se riesco apprezzerò assai poco i suoi applausi. Ogni mia ricompensa io la troverò nel fondo della mia coscienza e nell'animo di questi cari e generosi amici, che hanno diviso i battiti del mio cuore e le mie speranze.