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Il XVIII secolo, dominato dallo stile rocaille, vede il trionfo delle cosiddette cineserie: in ogni palazzo o villa che si rispetti del vecchio continente ci sono una "stanza delle porcellane" e un "salottino (gabinetto) cinese", alla corte di molti sovrani si organizzano balli in costume cinese, i giardini si arricchiscono di pagode, ponticelli cinesi e tea houses. Probabilmente il carattere decorativo e naturalistico dell'arte della lontana Cina ben si sposa con il gusto rocalille, con le sue asimmetrie e la sua predilezione per le forme floreali e curvilinee. Inoltre, è in questo secolo che in Europa viene scoperto il procedimento per la fabbricazione della porcellana, fino a quel momento monopolio della Cina: succede nel 1709, in Sassonia (Germania), ad opera di Johann Friedrich Böttger e Ehrenfried Walther von Tschirnhaus. Da qui il "segreto" del procedimento si diffonde in tutto il continente, e nascono di manifatture di porcellana in molti paesi, Italia compresa: Vezzi a Venezia, Ginori (ancora esistente come Richard-Ginori) vicino a Firenze, la Real Fabbrica di Capodimonte vicino a Napoli. In Italia il gusto per le cineserie non è diffuso in ampi e diversi strati della società, come ad esempio in Inghilterra, ma è proprio dell'alta aristocrazia e delle corti principesche, e questo per vari motivi, primo fra tutti il predominio dei modelli dell'antichità greca e romana. Le cineserie si diffondono in particolare negli Stati con una forte tradizione di cultura e di cosmopolitismo, come la Repubblica di Venezia e il Granducato di Toscana. Ma anche in Piemonte e a Roma. |
A
Venezia, città di Marco Polo e di mercanti temerari, la Cina è
vicina fin dal Medioevo. Nel XVIII secolo qui si producono mobili ed
oggetti (vassoi,
ventagli, scatole...) laccati
con decorazioni "cinesi" ed esportati in mezza Europa; qui
nascono importanti manifatture di porcellana (Vezzi, Cozzi); qui le
cineserie si diffondono negli stucchi e negli affreschi secondo
modalità autonome rispetto al resto d'Europa. Durante il carnevale non mancano maschere alla cinese; e le "prime" delle più importanti opere teatrali e musicali di gusto cinese vengono rappresentate proprio a Venezia (ad esempio, l'Eroe cinese di Metastasio, nel 1753). |
Anche in Toscana la Cina non è un mistero fin dal medioevo, visto che mercanti fiorentini e pisani commerciano oggetti esotici da quel lontano paese. Non è un caso che la città più importante per la produzione di sete pregiate sia stata Lucca, che ha monopolizzato il mercato nel XII e XIII secolo; né che i primi tentativi di "copiare" la porcellana cinese vengano fatti proprio alla corte dei Medici, nel corso del XVI secolo. C'è chi dice che perfino il grande Leonardo sia stato influenzato dalla pittura cinese, quando ha inventato la "prospettiva aerea". Visti i precedenti, è comprensibile il successo in terra toscana della moda cinese settecentesca, in tutti i suoi vari aspetti: del resto qui il marchese Carlo Ginori fonda la più importante manifattura di porcellana d'Italia. |
Il
terzo grande centro di diffusione del gusto per le cineserie è Torino
(e il Piemonte), anche se il Paese non ha contatti reali con la Cina
e la moda è conseguenza delle strette relazioni tra i Savoia e il
confinante regno di Francia. Tra le opere più belle c'è sicuramente il
Gabinetto delle lacche cinesi realizzato da Filippo Juvarra nel
Palazzo Reale di Torino: si tratta di una stanza rivestita con
sessanta tavole laccate acquistate a Roma nel 1732. Questa moda dura fino alla fine del XVIII secolo, quando le cineserie si mescolano con i temi tipici del nuovo gusto neoclassico. |
A Roma, invece, la moda esotica che viene dall'Oriente condiziona solo alcune grandi famiglie pontificie. Nei palazzi dei Patrizi, dei Borghese, dei Colonna, degli Albani vengono ricavati deliziosi "gabinetti cinesi"; ma il gusto cinese rimane un fatto superficiale, dettato più dalla curiosità che da un reale interesse perché troppo forte è l'impronta data all'arte e alla cultura della città dalla tradizione romana antica, rinascimentale e barocca. Al sud, il Regno di Napoli è sostanzialmente indifferente alla mania cinese che imperversa in tutta Europa. Eppure, è proprio nelle capitali del regno che vengono realizzati due veri gioielli. |
Il primo è il Salottino di porcellana ideato nel 1757 da Giuseppe Gricci nel Palazzo di Portici (Napoli), fatto fare dal re Carlo di Borbone per sua moglie Maria Amalia di Sassonia. | ||
È una piccola stanza di 81 mq rivestita da almeno tremila
mattonelle di porcellana decorate con pappagalli, dragoni,
ghirlande, ventagli, scimmie, scene di vita cinese e cestini di frutta. Ci
sono anche scritte in ideogrammi cinesi, chiaramente decifrabili. È un caso unico in Europa: infatti questo tipo di ambienti solitamente era rivestito o da pannelli laccati o da parati di carta o di tessuto. Nel 1866 è stato spostato nella Reggia di Capodimonte (oggi museo). |
Il secondo gioiello è la Villa la Favorita di Palermo, nota come Palazzina Cinese. Si tratta di un bizzarro edificio costruito sui terreni della famiglia Lombardo prima del 1797 e ristrutturato pochi anni dopo dall'architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia, per volontà di Ferdinando e Carolina di Borbone. Ogni dettaglio, all'interno come all'esterno, è rigorosamente "cinese". Un vero capolavoro è la Sala da Gioco, che presenta pareti dipinte con gruppi di cinesi riccamente vestiti che conversano; lo sfondo è un limpido cielo mediterraneo. |
Tutto questo succedeva tre secoli fa, quando la Cina era in realtà molto lontana. Cosa nascerà dall'inevitabile "incontro ravvicinato" dell'Occidente con il gigante cinese? |