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Federico II aveva una vera passione per la caccia.
Da questa passione, e dalla sua insaziabile
curiosità intellettuale, nasce il celebre trattato
De arte venandi cum avibus (Sull'arte
di cacciare con gli uccelli), dedicato
alla caccia col falcone e scritto prima del 1248.
Il manoscritto originale, in sei libri e illustrato
con miniature, è andato perduto. Ne possediamo delle
copie. La più antica, considerata una copia diretta
dell'originale federiciano, è il Vat.Pal.Lat.
1071, conservato alla Biblioteca Apostolica
Vaticana: di proprietà del figlio Manfredi (a cui il
trattato, peraltro, era dedicato), è da datarsi
prima del 1258; purtroppo contiene solo due dei sei
libri che componevano il trattato.
Ci sono poi copie più tarde, ma complete: di esse,
le più importanti sono il Ms.Lat. 717, della
Biblioteca Universitaria di Bologna, e il Ms.Lat.
3716, della Biblioteca Mazarino di Parigi.
Si tratta di
un'opera innovativa, perché è al tempo stesso un
manuale di caccia col falcone (con tutte le
indicazioni pratiche: addomesticamento,
addestramento, tecniche venatorie) e un trattato
di ornitologia, basato sull'osservazione diretta
della natura e quindi animato da una concezione
sperimentale della scienza.
Scrive Federico che l'arte della falconeria "è
subordinata alla scienza naturale, poiché fa
conoscere le nature degli uccelli" e quindi lui
si propone di illustrare le cose per come sono nella
realtà (manifestare ea quae sunt sicut sunt).
Ecco perché fa precedere il trattato di caccia da
una analisi del mondo degli uccelli in generale.
Il suo modello non sono state le opere venatorie
precedenti (cinegetica), considerate
inaffidabili, ma il Libro degli animali di
Aristotele, nella versione araba di Avicenna
tradotta in latino da Michele Scoto. Addirittura
Federico non esita a "correggere" l'illustre modello
nel caso in cui abbia il dubbio che le osservazioni
del filosofo non siano basate su fonti dirette.
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C'è una profonda differenza anche dai
Bestiari, libri diffusissimi al
tempo, che
contenevano la descrizione di animali sia
reali che fantastici le cui caratteristiche
erano interpretate in chiave simbolica o
allegorica. Federico mette alla prova alcune
informazioni dei Bestiari largamente
accettate, ad esempio che gli avvoltoi
individuano le carogne degli animali di cui
si cibano solo grazie all'olfatto.
Fa cucire le palpebre ad alcuni avvoltoi
che, così accecati (ciliati), vengono
messi davanti a delle carogne; dovrebbero
mangiarle, se è vero che le percepiscono con
l'olfatto, ma non lo fanno. È la verifica
sperimentale, diretta, che nei libri non c'è
scritta la verità.
Sul margine sinistro del fol. 11v del
trattato, in alto, è illustrato un altro
esperimento, volto a dimostrare la
preferenza di questi uccelli per le carogne:
a un avvoltoio monaco, affamato, viene posta
di fronte una gallina viva, che viene
ignorata.
La descrizione degli uccelli è minuziosa:
vengono analizzati la forma delle zampe, del
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collo, delle
ali, delle ossa, dei becchi e ben otto
paragrafi sono dedicati al colore del
piumaggio. Una piccola enciclopedia aviaria,
con 80 specie di animali illustrate da 500
immagini.
Le immagini miniate sono funzionali al testo
scritto, che illustrano. Tra le più belle,
ci sono quelle dedicate al volo degli
uccelli, che colpiscono per la loro
immediatezza e la loro "verità" (foll.
6v,11r, 16v: gru, avvoltoi, cicogne
bianche e cicogne nere).
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