Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma

 
 

Roberto Tartaglione

 

125 MILIONI
DI CAZZATE

 
 Il titolo di una trasmissione televisiva ha scatenato una grande polemica sull'uso delle "parolacce" in italiano
Links: Le reazioni dei politici; Note sul turpiloquio; Il padre de li Santi; Scandali del passato (a cura di Giulia Grassi)
 

Livello intermedio 1


  
Adriano Celentano è uno dei più famosi cantanti italiani: famoso per le sue canzoni  e famoso per i suoi comportamenti bizzarri e originali che trasformano ogni sua apparizione in televisione in un "fatto" di cui si parla.
L'ultimo spettacolo messo in piedi da Celentano per la televisione italiana (Rai 1) ha provocato uno scandalo prima ancora di cominciare perché il titolo contiene una "parolaccia". La trasmissione televisiva si chiama infatti 125 milioni di cazzate.

La parola "cazzata" è un sinonimo volgare di "sciocchezza, stupidaggine": come tutti i derivati del termine "cazzo" (cioè "organo sessuale maschile") è da considerarsi una parola di registro linguistico basso, così come sono considerate parole da evitare - almeno in una situazione formale - incazzarsi (arrabbiarsi), scazzarsi 

(litigare), incazzato (arrabbiato), cazzeggiare (fare una conversazione scherzosa, dire cose senza senso) cazzeggio (l'effetto del cazzeggiare), cazzuto (importante, deciso, tosto), fancazzista (chi ama non far niente, pigro nel pensare e nell'agire, seguace della filosofia del fancazzismo), cazzerellone (persona adulta che ama giocare, giocherellone), cazzaro (chi dice molte cazzate), cazzone (stupido).
 
Bisogna però dire che la parola "cazzo", certamente volgare, ha in italiano una frequenza d'uso molto alta: nel  Lessico di frequenza dell'italiano parlato (De Mauro, Mancini, Vedovelli, Voghera, Etas Libri, Milano 1993) questa parola occupa il posto numero 722, una posizione davvero altissima. Basta pensare che molte parole di uso quotidiano sono decisamente meno frequenti: faccia 874, Giovanni 953, amare 975, madonna 1026, professoressa 1073, cattolico 2036, pomodoro 3073, grammatica 4214, affresco 5914.

D'altra parte la frequenza altissima dipende dal fatto che questo termine è usato non solo come esclamazione o interiezione, ma anche come rafforzativo nelle frasi interrogative. Anzi, per non usare questo termine così forte, spesso si ricorre a delle varianti più accettabili (per esempio si dice "cavolo", "caspita", "diavolo", "cacchio": Chi cavolo sei? Dove caspita vai? Che cacchio dici? Perché diavolo non rispondi?).  Nella sua Grammatica Italiana (UTET, Torino, 1989), Luca Serianni scrive a questo proposito:

Le espressioni più crude - che peraltro vanno diffondendosi nell'uso comune - sono riprodotte graficamente mediante la sola lettera iniziale seguita dai puntini sospensivi: "Ma li mortacci tua - disse Guaione alzando gli occhi bianchi da ubbriaco - che c... ne so io!" (Pasolini, Ragazzi di vita). Ma in romanzi più recenti la parola interdetta è spesso usata senza alcuna remora; così nella Storia di Elsa Morante, pubblicata nel 1974, si legge: "Ma che cazzo volete sapere?"

D'altra parte, quando questa grammatica è stata pubblicata, ancora non era uscito il romanzo di Aldo Busi che portava il bizzarro titolo di "Cazzi e canguri (pochissimi i canguri)".


La parolaccia
di Zavattini
 

(il precedente)


ROMA - Il primo a sdoganare la parola «cazzo» alla Rai, stando ai cultori dei Guinness sommersi, fu Cesare Zavattini. Lo sceneggiatore di «Ladri di biciclette», in una memorabile puntata di «Radio anch'io», decise di parlare esplicitamente del membro dell'uomo e pronunciò la fatidica parola arricchendola di particolari filosofici e di costume. Fece scalpore. Da allora, quella parola ha dato grattacapi alla Rai anche in altre occasioni.

(La Repubblica, 18.04.01)


 

La televisione italiana, in accordo con Celentano, per rispondere al mare di proteste (politiche!) sul titolo della trasmissione, ha deciso che la grafica deve seguire il sistema "letterario" di cui parlava Serianni, usare perciò dei puntini di sospensione. Il problema era: cosa censurare? Bisogna scrivere c....te, oppure ca...te, oppure ...zate? Dopo lunghe discussioni intellettuali si è deciso che il titolo deve censurare una zeta e mezza e una A, per cui la grafica televisiva sarà questa:

Le annunciatrici della televisione, inoltre, saranno libere, se vorranno, di non pronunciare interamente lo scandaloso titolo della trasmissione.

Ma la cosa più interessante sono gli interventi politici su questo argomento. La destra è contraria, la sinistra tace, il Vaticano spera in un ripensamento, l'associazione dei genitori dice che non ci sono problemi. Ma perché tutto questo scandalo? Non sarà perché il proprietario delle televisioni private concorrenti della Rai sta per diventare Capo del Governo?

I più curiosi possono approfondire l'argomento cliccando sui link che seguono: