Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma |
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Per vendicare le
due Torri |
[...] Ma non può essere dimenticato che le perdite che il patrimonio culturale dell’umanità, nella probabile prossima guerra che potrà essere scatenata in Iraq, non potranno che essere di una gravità estrema. Tutta la regione meridionale dell’Iraq odierno, che corrisponde alla Bassa Mesopotamia e a quella che gli antichi chiamavano la Babilonia è, in senso reale e non metaforico, la vera culla della civiltà umana. È in questo territorio, che oggi appare come una piatta bassura sterminata in cui si alternano campi fertili, palmizi lussureggianti, canali d’irrigazione, melmosi acquitrini, inestricabili canneti e lembi di arido deserto, che durante la seconda metà del IV millennio a.C. si crearono le condizioni economiche e sociali uniche che portarono alla fioritura delle prime città della storia umana. Quello che fu senza dubbio un lungo e complesso processo è stato, certo equivocamente, designato con l’espressione fuorviante, ma certo assai plastica ed efficace, di ‘rivoluzione urbana’ per indicare la radicalità del mutamento, che peraltro nulla ebbe di repentino e improvviso. Artefici di questi mutamenti sostanziali dell’assetto e dell’organizzazione produttiva e sociale furono forse, insieme ai Sumeri, di cui conosciamo assai bene la lingua, la letteratura, la religione, l’ideologia da documenti dei secoli più tardi, anche una popolazione antichissima e ignota i cui resti linguistici sono rimasti nelle parlate sumeriche consegnate alla scrittura. [...] Città dotate di centri monumentali, dominate dal tempio della divinità poliade e cinte da lunghe mura turrite divennero rapidamente luoghi di eccezionale attrazione e concentrazione demografica. Esemplare è il caso di Uruk, la città sorta da un sinecismo di due centri, uno devoto al celeste dio Anu e l’altro luogo cultuale della grande dea Inanna, che, giustamente definita la prima città della storia, raggiunse, sembra già poco dopo il 3000 a.C., l’enorme estensione di 400 ettari entro l’alta cerchia delle mura che la tradizione attribuiva al suo mitico re Gilgamesh. Attorno a quegli anni decine di centri urbani si svilupparono nella regione alluvionale oggi compresa tra Baghdad a nord e Bassora a sud, da Kish a Akshak, da Sippar a Nippur, da Lagash a Umma, da Ur a Adab. Gli Accadi nelle contrade settentrionali e i Sumeri in quelle meridionali più prossime al Golfo Persico/Arabico, il Mare Inferiore degli antichi, furono i protagonisti di questo straordinario sviluppo economico, sociale, tecnologico e ideologico della più antica storia umana negli stessi decenni in cui nella Valle del Nilo si completava il processo per la formazione della più antica forma di Stato territoriale sotto il governo dei faraoni. |
I
resti di questi centri urbani antichissimi cominciarono a essere
riportati alla luce negli anni ’70 del XIX secolo [...] Fino a oggi,
tuttavia, benché non poche centinaia di migliaia di testi cuneiformi
siano affluite nei musei di tutto il mondo, si può affermare che è
stato riportato alla luce non più dell’1% di quanto i deserti e le
paludi dell’Iraq meridionale celano alla conoscenza storica. [...] Per
avere un’idea della complessità degli studi topografici nella Bassa
Mesopotamia, basti ricordare che, malgrado i ripetuti tentativi di molti
archeologi, ancor oggi è ignota la localizzazione della celeberrima
città di Accad, fondata attorno al 2350 a.C. dal grande Sargon e
rimasta un centro cultuale importante per secoli fino all’età
dell’impero neobabilonese di Nabucodonosor II, che, nella prima metà
del VI secolo a.C., vi fece addirittura condurre scavi per rintracciare
le fondazioni di un celebratissimo santuario. [...] qualora la guerra dovesse essere condotta in |
territorio iracheno [...]
anche un’altra regione straordinariamente ricca di storia dell’Iraq
correrebbe rischi estremi. Questa regione è l’Assiria, quell’estesa
ondulata piana attorno alla moderna Mossul che si estende ad est del
medio Tigri, dove tra gli inizi del III millennio e la fine del VII
secolo a.C. fiorì la civiltà assira. È nelle capitali del mondo
assiro tra IX e VII secolo a.C. – Nimrud, l’antica Kalkhu, Khorsabad,
l’antica Dur Sharrukin e Quyunjiq, la rocca di Ninive – che negli
anni ‘40 del XIX secolo iniziò l’archeologia orientale ad opera di
francesi e inglesi. [...]
La cosiddetta Biblioteca di Assurbanipal,
scoperta nei due più importanti palazzi reali di Ninive, è un immenso archivio
di testi cuneiformi di ogni genere raccolti dal grande e colto sovrano assiro
del VII secolo a.C., il Sardanapalo dei Greci, che hanno conservato i saperi, i
poemi, i rituali del più antico mondo mesopotamico in migliaia di tavolette
cuneiformi che sono oggi uno dei maggiori tesori del British Museum. [...] Che fare per un patrimonio culturale che ha pochi paragoni sul pianeta in una situazione politico-militare di una gravità così estrema? [...] L’Unesco con un’iniziativa eccezionale e senza precedenti deve proclamare le intere regioni della Babilonia e dell’Assiria ‘patrimonio mondiale’ in modo unilaterale e unanime. Il carattere straordinario dell’iniziativa sarebbe, da un lato, nel fatto che solo singoli monumenti o singoli siti archeologici sono di norma definiti patrimonio mondiale e non mai intere regioni di valore storico e, dall’altro, nel fatto che, per l’estrema urgenza, non sarebbero rispettate le lunghe istruttorie che usualmente accompagnano queste procedure e l’iniziativa di un singolo paese. Da quel momento bombardare un sito della Babilonia, sarebbe come lanciare bombe sul Louvre o su Pompei e percorrere con un esercito corazzato le contrade di un territorio cosparso di siti di interesse archeologico quasi sempre difficili da identificare e quindi da aggirare, sarebbe come far avanzare carri armati tra le tombe di Giza o tra le pietre di Stonehenge. La proclamazione della Babilonia e dell’Assiria ‘patrimonio mondiale’ da parte dell’Unesco imporrebbe, nel caso deprecabile di un’occupazione militare del territorio dell’Iraq ad opera di una potenza straniera, il rispetto di tutte le convenzioni e le dichiarazioni dell’Unesco stesso che prevedono in questi casi, anche per i paesi non firmatari, il rispetto di misure assai severe e assai rigorose di salvaguardia e di tutela del territorio. L’idea forte che i beni culturali, materiali e immateriali, sparsi sulla superficie del pianeta e retaggio di tradizioni secolari e millenarie, sotto qualunque latitudine, sono patrimonio comune pubblico dell’umanità che a essi non può tollerare di rinunciare in alcun caso, né per particolaristiche politiche di un singolo paese, né per egoismi di interessi privati, deve essere affermata con forza e i paesi che, per la loro tradizione di democrazia e il loro ruolo di grandi potenze, hanno maggiori responsabilità nell’affermazione di questi principi, devono essere d’esempio alla comunità internazionale. Paolo Matthiae è professore ordinario di Archeologia e storia dell’arte del Vicino Oriente antico, e preside della Facoltà di Scienze umanistiche dell'Università di Roma I - La Sapienza. |