Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma

 
 

Roberto Tartaglione

 

VARI ACCENTI

  
Come si scrive (o come si dovrebbe scrivere) l'accento

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Quando scriviamo con la penna non c'è problema. L'accento è un segno sopra la vocale e nessuno controllerà mai se va da destra verso sinistra o da sinistra verso destra.
Se scriviamo invece con il computer (e se abbiamo una tastiera italiana) scopriamo che sulla tastiera ci sono 6 vocali accentate:

à          è           é          ì          ò          ù

Le due "e" accentate sono presenti perché una dovrebbe rappresentare la "e aperta" (è), mentre l'altra una "e chiusa" (é).
In realtà anche di "o" accentate in italiano ce ne sono due:
ò e ó. La prima rappresenta una "o aperta", l'altra una "o chiusa". Tuttavia in italiano le parole tronche non finiscono mai con una "o chiusa", ed ecco spiegato il mistero della tastiera.

Chi scrive con attenzione dovrà quindi scrivere caffè e perché, segnalando in questo modo la differente pronuncia delle "e" finali.

Il diverso accento sulle vocali "e" ed "o" è invece importantissimo nei vocabolari e nei dizionari. Su questi testi infatti l'accento è indicato anche all'interno della parola, sia per segnalare dove cade l'accento tonico, sia per indicare se la vocale accentata sia aperta o chiusa. Su un buon dizionario troveremo perciò:

fratèllo péso
poèta véro
sorèlla vétro
buòno bómba
fòrte órso
pòvero tónno

Al di fuori dei dizionari l'accento può essere scritto all'interno di una parola solo quando dalla posizione dell'accento stesso o dal grado di apertura della vocale tonica si riesca a capire l'esatto significato della parola. In pratica cioè qualcuno usa l'accento tonico all'interno della parola nel caso di omografi:

collèga (sostantivo) colléga (da collegare)
èsca (da uscire) ésca (sostantivo)
lègge (da leggere) légge (sostantivo)
tòrta (da torcere) tórta (sostantivo)
vòlto (da volgere) vólto (sostantivo

L'uso di scrivere l'accento in questi casi è tuttavia abbastanza raro anche perché dal contesto della frase è sempre abbastanza evidente il significato della parola.

Una porzione del grande murales realizzato da un gruppo di giovani "graffitisti" sulla via Portuense, a Roma (gennaio/febbraio 1998)

Allo stesso modo raramente in italiano si trova oggi scritto l'accento circonflesso (â, ê, î, ô, û). Questo accento indicherebbe la fusione di più vocali in una sola vocale. Per cui può succedere di trovare in qualche testo (non modernissimo) la parola vizio che al plurale viene scritta vizî (cioè vizii).
In particolare quest'uso ha avuto una certa diffusione per parole che al singolare sono diverse ma al plurale finiscono con diventare identiche. Per esempio:

principe e principio hanno tutt'e due il plurale principi.

La differenza è nella posizione dell'accento (il plurale di principe è prìncipi, il plurale di principio è princìpi). Quindi i due omografi possono differenziarsi mettendo l'accento tonico in posizione diversa.
Ma è anche vero che il plurale di principio, originariamente era principii. Quindi non è assurdo scriverlo principî.

Lo stesso discorso vale per una serie di parole simili:

l'arbitro gli àrbitri
l'arbitrio gli arbìtri gli arbitrî / arbitrii
 
il conservatore i conservatóri
il conservatorio i conservatòri i conservatorî /  conservatorii
 
il riformatore i riformatóri
il riformatorio i riformatòri i riformatorî /  i riformatorii