SCUDIT, SCUOLA D'ITALIANO ROMA, PRESENTA MATDID, MATERIALI DIDATTICI DI ITALIANO PER STRANIERI A CURA DI ROBERTO TARTAGLIONE E GIULIA GRASSI |
Materiale:
n.
78_gram
- Data:
17.02.2002
- Livello:
Vari livelli Autore: Roberto Tartaglione
ATTENZIONE,
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PAROLE PIANE: hanno l'accento sulla penultima sillaba e sono le più numerose nel vocabolario italiano. Si tratta di parole come
Da segnalare il fatto che i monosillabi non accentati prendono comunque l'accento quando costituiscono il secondo elemento di parole composte (giacché evidentemente la parola composta a quel punto si trasforma in una normale parola tronca). Il caso più evidente è quello del numero tre che nei composti darà un ventitré, trentatré ecc., così come la parola re darà il composto viceré. Un errore molto frequente
fra gli italiani (oltre a quello di mettere l'accento su monosillabi in
cui non va messo) è quello di mettere l'accento sulla finale di parole
che richiedono l'apostrofo. In particolare l'apostrofo va scritto nell'espressione un po' (un poco) e su una serie di verbi all'imperativo:
Quando scriviamo con la penna non c'è problema. L'accento è un segno sopra la vocale e nessuno controllerà mai se va da destra verso sinistra o da sinistra verso destra. Se scriviamo invece con il computer (e se abbiamo una tastiera italiana) scopriamo che sulla tastiera ci sono 6 vocali accentate: à è é ì ò ù Le due
"e" accentate sono presenti perché una dovrebbe rappresentare
la "e aperta" (è), mentre l'altra una "e chiusa"
(é). Chi scrive con attenzione dovrà quindi scrivere caffè e perché, segnalando in questo modo la differente pronuncia delle "e" finali. Il diverso accento sulle vocali "e" ed "o" è invece importantissimo nei vocabolari e nei dizionari. Su questi testi infatti l'accento è indicato anche all'interno della parola, sia per segnalare dove cade l'accento tonico, sia per indicare se la vocale accentata sia aperta o chiusa. Su un buon dizionario troveremo perciò:
Al di fuori dei dizionari l'accento può essere scritto all'interno di una parola solo quando dalla posizione dell'accento stesso o dal grado di apertura della vocale tonica si riesca a capire l'esatto significato della parola. In pratica cioè qualcuno usa l'accento tonico all'interno della parola nel caso di omografi:
L'uso di scrivere l'accento in questi casi è tuttavia abbastanza raro anche perché dal contesto della frase è sempre abbastanza evidente il significato della parola. Allo stesso
modo raramente in italiano si trova oggi scritto l'accento circonflesso
(â, ê, î, ô, û). Questo accento indicherebbe la fusione di più
vocali in una sola vocale. Per cui può succedere di trovare in qualche
testo (non modernissimo) la parola vizio che al plurale viene
scritta vizî (cioè vizii). principe e principio hanno tutt'e due il plurale principi. La differenza
è nella posizione dell'accento (il plurale di principe è prìncipi,
il plurale di principio è princìpi). Quindi i due omografi
possono differenziarsi mettendo l'accento tonico in posizione diversa. Lo stesso discorso vale per una serie di parole simili:
4- GLI OMOGRAFI
Qual è il problema di leggere il testo qui sopra? La posizione dell'accento! In italiano infatti ci sono parecchi omografi, cioè parole che si scrivono allo stesso modo ma si pronunciano in modo diverso per via di una diversa posizione dell'accento tonico. E non basta questo: qualche volta le parole hanno l'accento tonico sulla stessa vocale ma questa vocale è pronunciata in modo diverso (aperto o chiuso) a seconda del significato. Per esempio conservatòri sono le scuole di musica (e si pronuncia con la "o" aperta) mentre conservatóri è il plurale di conservatore (contrario di progressista) e si pronuncia con la "o" chiusa. La differenza fra vocale aperta (ò, è) e vocale chiusa (é, ó) nei vocabolari di italiano è resa graficamente dal diverso tipo di accento, acuto o grave (verso sinistra o verso destra). Per il momento diamo solo un'occhiata alla lista di omografi, una lista non completa ma abbastanza ricca:
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