NOTE
LINGUISTICHE
Formule
della lingua parlata |
- Front
sinist!
Alcune espressioni del linguaggio militare sono entrate
nel linguaggio comune, magari con valore ironico e scherzoso: del resto fino a
qualche tempo fa queste espressioni venivano usate anche nelle scuole
elementari per disciplinare le file dei bambini che dovevano
"eseguire" in gruppo degli ordini di tipo militare. Riportiamo
qui gli ordini più importanti (sempre da pronunciarsi con decisione e
virilità, con "pancia in dentro e petto in fuori"):
AT-TENTI! - Posizione di partenza per ogni funzione militare.
Testa alta, braccia distese lungo i fianchi, piedi uniti. Faticosa da
mantenere troppo a lungo, in questa posizione stanno i soldati quando un'alta carica dello Stato "passa in rassegna" l'esercito.
RI-POSO! - Mani dietro la schiena
e gambe un po' divaricate. Una posizione di attesa più facile da
mantenere nei tempi lunghi.
FIANCO SINIS, SINIST! (o anche FIANCO DES, DEST!) - Il
plotone dei soldati deve ruotare di 90° a sinistra o a destra.
FRONTE SINIS, FRONT! (o anche FRONTE DES, FRONT!) - I
soldati devono ruotare la testa a sinistra o a destra per rendere
omaggio a qualche autorità in quella direzione.
DIETRO-FRONT! - I
soldati devono ruotare su se stessi e rivolgersi nella direzione opposta
PRESENTAT-ARM! - Il plotone assume una posizione per cui mostra
in modo non offensivo le armi di cui dispone.
AVANTI-MARSCH! - Quest'ordine impone di cominciare a marciare.
Espressione anche usata in famiglia o fra amici quando un ordine è
ineludibile. Per esempio: "Bambini, a letto! Avanti marsch!";
oppure: "Bisogna tornare al lavoro, avanti marsch!"
- Avete un ultimo
desiderio?
Il militare si rivolge al condannato
dandogli del voi. Si tratta forse in questo caso di un francesismo (il
militare - si sente dall'accento - è francese). Ma va anche detto che
la forma con il "voi" suona più epica di quella con il
"lei" e si adatta bene a un
contesto come questo.
- Potrei fare una telefonata?
Condizionale di cortesia: suona ovviamente
buffo in una situazione come questa, visto il tono dell'attore che sembra
chiederlo in un bar e non davanti al plotone d'esecuzione.
- ... cosa vuoi, corre
dappertutto,
poi suda e s'ammala.
"Cosa vuoi" nel linguaggio colloquiale e
familiare non significa esattamente "cosa vuoi?" ma ha
piuttosto il senso di "che cosa vuoi farci, è così, non possiamo
cambiare certo le cose". Per esempio: "Cosa vuoi, alla mia
età non posso certo vestirmi come un ragazzino"; oppure: "Con
tutti i problemi che ha, cosa vuoi, bisogna capirlo se è un po'
nervoso!"
- Dai, parliamone per telefono che conviene!
Un imperativo
che regge una frase introdotta dal "che" è una struttura
estremamente usata nell'italiano parlato: "Corri che è
tardi!", oppure "Mangia che così diventi grande!", o
anche "Fa' quello che ti dico, che ti conviene!"
-
(Scusi...
non si potrebbe avere una sedia?)
Di nuovo un condizionale di cortesia per
fare una richiesta. Si noti però la differenza con l'espressione
precedente "potrei fare una telefonata?".
Nel caso di un condizionale in una forma personale (io, potrei fare una
telefonata?) la richiesta suona decisamente gentile. Quando invece il
condizionale è in una forma impersonale, e per giunta introdotta da un non
pleonastico, suona un pochino più arrogante o comunque quasi con una
leggera sfumatura di fastidio. In pratica se dico "Potrei avere
una sedia?" chiedo gentilmente se è possibile avere una sedia. Se
dico "Non si potrebbe avere una sedia?" chiedo la stessa cosa,
ma faccio notare che mi sembra piuttosto strano che non me l'abbiano già
portata e sarei davvero scandalizzato se per caso la sedia non ci fosse.
E ancora: se al bar dico "Potrei avere un caffè?", la mia è
una normale richiesta. Se sono seduto al tavolo da venti minuti, aspetto
e il cameriere non arriva, facilmente dirò "Non si potrebbe avere
un caffè?", sottintendendo provocatoriamente "Sto forse
chiedendo troppo?"
-
No, io non ci
riuscirò
Il verbo riuscire (come il verbo
pensare e il verbo credere) è spesso costruito con la particella
pronominale ci: "Vai al mare? - Non so se ci riuscirò";
"Voterai per un partito di sinistra? - Eh, ci sto pensando!";
"Sono stanco perché ho lavorato troppo - Eh, ci credo!"
- Lì si passeggia, ti viene
fame, mangi... l'anno scorso ho preso tre chili!
Nella stessa frase la forma impersonale è giocata in due
modi diversi: prima con il si spersonalizzante (si passeggia) e poi con
il tu impersonale (ti viene fame, mangi).
- Vabbe'
Naturalmente significa "va bene"
ed è un'espressione molto usata in italiano, con diversi significati.
Uno di questi è proprio caratteristico della conclusione di un discorso
in una telefonata. Quando non si ha più niente da dire si dice "Vabbe'"
(oppure "comunque"), giusto un momento prima di passare ai
saluti (Vabbe', ti lascio).
Essendo una formula tipica del linguaggio parlato c'è qualche
oscillazione nel modo di scriverla. Noi abbiamo preferito quella più
corrispondente alla pronuncia (una parola sola, doppia b e un apostrofo
a indicare la caduta della sillaba "-ne" di "bene").
Non è raro comunque trovare chi scrive "va be'!" oppure anche
"va beh!"
- Ci
sentiamo!
Insieme con "ci vediamo!",
"ci sentiamo" è diventata ormai una vera e propria formula di
saluto simile a "arrivederci", spesso abbinata con un
"ciao": "Ciao, ci sentiamo!" oppure "Ciao, ci
vediamo!"
-
No, non farmi prendere la
macchina
Fra i tantissimi usi della costruzione con
"far-fare" in italiano, eccone uno molto diffuso: "Non
farmi prendere la macchina!".
Significa, più o meno, "Non chiedermi questo! Se insisti lo farò,
ma poi lo so già che me ne pentirò". Si tratta in fondo di un
modo gentile per rispondere di no chiedendo scusa e mostrando di gradire
la richiesta. Così se mi invitano al bar posso rispondere "No, non
farmi bere ancora un caffè che ne ho già presi tre!", come per
dire "Lo bevo volentieri e se insisti accetto sicuramente: ma è
meglio di no".
Esercizi sulla costruzione far fare alla pagina http://www.scudit.net/mdpc.htm
.
- Sì. Adesso ti ci vuole la femmina
eh?
Il verbo volerci, nel senso di essere necessario, si usa frequentemente
alla terza persona singolare o plurale: "per finire questo lavoro ci
vuole tempo"; "per comprare quella macchina ci vogliono molti
soldi". Non
è però raro trovarlo anche in prima persona ("per risolvere questo
problema ci voglio io", oppure "ci vogliamo noi") o in seconda
("Non sono
capace di fare quello che mi chiedi: per farlo ci vuoi assolutamente tu",
oppure "ci volete assolutamente voi").
Inoltre è possibile combinare le forma di volerci con un pronome
indiretto per sottolineare a chi è necessario qualcosa. Attenzione alla
combinazione del pronome indiretto + ci:
mi
ci vuole |
Dopo
questa corsa mi ci vuole un bicchiere d'acqua |
ti
ci vuole |
Hai
studiato tanto e adesso ti ci vuole una bella vacanza |
gli/le
ci vuole |
Questa
brutta notizia proprio adesso non gli ci voleva |
-------- |
|
vi
ci vuole |
Superato
questo stress vi ci vuole un periodo di riposo |
gli
ci vuole |
Una
bella serata in discoteca è quello che gli ci vuole |
- Ah, ti fai la Station Wagon?
Farsi nel senso di "comprarsi" è molto usato
nel linguaggio parlato colloquiale ed informale
- Te di calcio non
hai mai capito niente...
Nella lingua scritta quel "te" al posto di
"tu" sarebbe certamente da considerarsi un errore. Nel parlato
invece è piuttosto frequente, ed è sentito come più coinvolgente dal
punto di vista affettivo.
- Vi siete rubati la partita...
L'uso del riflessivo anche non necessario (rubarsi,
comprarsi, vendersi) se non addirittura improbabile dal punto di
vista del senso (mangiarsi, bersi, fumarsi) ha un valore affettivo estremamente forte, e per questo è
diffusissimo nel parlato quotidiano.
- Guarda, di vino te
ne intenderai, ma di pallone...
Il pronome "ne" è certamente pleonastico nel senso che non sembra necessario
nell'economia della frase. Ma se non è necessario, è certamente
consigliabile in espressioni partecipate dal punto di vista affettivo,
giacché la forma "Di vino ti intenderai" suona all'orecchio
italiano estremamente improbabile. Del resto l'uso del pronome diretto è assolutamente
obbligatorio quando la frase è introdotta dall'oggetto :
- Questo libro l'ho letto anni fa
- Le sigarette le ho lasciate a casa
Con i pronomi indiretti e con le particelle "ci" e
"ne" quest'uso non è obbligatorio, ma certo frequente
specialmente nel parlato:
- A Mario non ho telefonato io / A Mario non gli ho telefonato io
- A Napoli sei stato? / A Napoli ci sei stato?
- Di me non avete parlato? / Di me non ne avete parlato?
- Nella carbonara l'aglio
ci va o no?
Stesso discorso fatto qui sopra sull'uso del pronome
pleonastico.
"Nella carbonara l'aglio va o no?" è certamente consentito, ma
improbabile.
- Sì, cosa vuoi, non la vedo
mai
Quest'uso di "cosa
vuoi" l'abbiamo visto sopra: Significa "che cosa vuoi farci,
è così, non possiamo cambiare certo le cose".