Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma |
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I fatti di Casarsa. Pasolini denunciato per corruzione di minorenne.Condannato in primo grado, Pasolini viene assolto in appello; il ricorso in cassazione della Pubblica Accusa è giudicato inammissibile. Nel 1952 Pasolini verrà assolto "perché il fatto non costituisce reato e per mancanza di querela". Ragazzi
di vita. La Presidenza del Consiglio dei ministri promuove un'azione
giudiziaria contro il romanzo Ragazzi di Vita. Querela del comune di Cutro.
Il 17 novembre 1957 il ragioniere Vincenzo Mancuso, sindaco del comune di
Cutro in provincia di Catanzaro,
querela Pasolini per "diffamazione a mezzo stampa". Pasolini in
un suo articolo sul Sud del paese aveva scritto "A
un distendersi di dune gialle, in una specie d'altopiano, è il luogo che
più mi impressiona di tutto il viaggio. E' veramente il paese dei
banditi, come si vede in certi western. Ecco le donne dei banditi, ecco i
figli dei banditi. Si sente che siamo fuori dalla legge, o, se non dalla
legge, dalla cultura del nostro mondo, a un altro livello. Nel sorriso dei
giovani che tornano al loro atroce lavoro, c'è un guizzo di troppa libertà,
quasi di pazzia..."
Fatti di via Panico. La notte tra il 29 e il 30 giugno 1960, in via Panico scoppia una furibonda rissa tra due gruppetti di ragazzi. Tra la confusione generale, a una ragazza viene rubato un anello con granati del valore di ventiquattromila lire, mentre un altro ragazzo viene derubato di una catenina e di un orologio d'oro. La refurtiva verrà ritrovata in casa di uno dei partecipanti alla rissa, Luciano Benevello. Interviene Pasolini che, con la sua Giulietta, accompagna Benevello a casa. Pasolini viene accusato di aver voluto deliberatamente agevolare la fuga di Benevello e di aver partecipato, egli stesso, alla rissa. La stampa si accanisce sul caso e criminalizza lo scrittore. Il 16 novembre 1961 il Tribunale di Roma assolve Pasolini per insufficienza di prove. Fatti del Circeo.
Il commesso di un bar a S. Felice
Circeo, sostiene che uno sconosciuto, dopo aver bevuto una Coca-Cola
e dopo aver fatto molte domande, avrebbe indossato un paio di guanti neri, inserito
nella pistola un proiettile d'oro e cercato di rapinarlo dell''incasso della
giornata. Denuncia Antonio Vece. Antonio Vece, un maestro elementare di Avellino sporge denuncia presso la polizia giudiziaria di Roma contro Pasolini. Dichiara di essere stato avvicinato da Pasolini, di essere salito sulla sua Giulietta, di essere stato portato in aperta campagna, minacciato, malmenato e derubato di un capitolo di un suo romanzo. Due giorni dopo, al commissariato di polizia di Centocelle, confessa di aver inventato ogni cosa. Viene denunciato per simulazione di reato, che sarà archiviata in data 2 dicembre 1965. Causa civile Pagliuca. L'ex deputato democristiano, avvocato Salvatore Pagliuca, cita in giudizio Pasolini e la società Arco film. La denuncia si riferisce al film Accattone, e al fatto che un personaggio di malavita del film, ha lo stesso nome dell'avvocato. Chiede la soppressione del suo nome dal film e il risarcimento per danni morali e materiali.
Aggressione Di Luia. Serafino Di Luia insieme ad altri giovani neofascisti appartenenti ad associazioni di estrema destra, aggredisce Pasolini durante la proiezione di Mamma Roma, nel cinema Quattro Fontane di Roma. Ne nasce una rissa, cui partecipano, in difesa di Pasolini, Citti e altri amici del regista. A questa seguono una serie di aggressione fasciste a cui Pasolini non farà mai seguire una denuncia. Laura Betti, amica di Pasolini, viene aggredita e picchiata da un giovane che risulterà aderente a "Nuova Italia" e che partecipò alla rissa del cinema Quattro Fontane. Querela Bernardino De Santis. "Un giorno, un pazzo m'ha accusato di averlo rapinato (con guanti e cappello neri, le pallottole d'oro nella pistola): tale accusa è passata per buona e attendibile, perché a un livello culturale sottosviluppato si tende a far coincidere un autore coi suoi personaggi: chi descrive rapinatore e rapinato" [Pier Paolo Pasolini, articolo apparso su "L'Espresso"]. Per queste parole, Bernardino De Santis, il barista rapinato al Circeo, querela Pasolini per diffamazione. Il 31 gennaio 1967, il Tribunale di Roma "dichiara di non doversi procedere" contro Pasolini, "per essere il reato estinto per intervenuta amnistia". Processo per il film Teorema. Il sostituto procuratore della Repubblica di Venezia denuncia Pasolini, quale autore del film Teorema, per offesa al comune senso del pudore. Il 13 settembre 1968, la procura della Repubblica di Roma ordina il sequestro del film per oscenità. Il Tribunale di Venezia assolve Pasolini "perché il fatto non costituisce reato". La corte d'appello conferma la sentenza di primo grado. Incauto affidamento. Nel 1969 Pasolini viene denunciato dalla polizia stradale al pretore di Bologna, per aver affidato la guida della sua automobile, Giulietta TI, a Carmelo Tedesco, sprovvisto di patente di guida. Pasolini in giudizio dichiara di aver dato la macchina a Ninetto Davoli che a sua volta l'ha prestata a un giovane con la patente, che insieme al Tedesco si è fermato a un distributore. Invitato a spostare l'auto mentre il giovane patentato non è presente, Carmelo Tedesco viene fermato dalla polizia stradale. Il pretore di Bologna assolve Pasolini "perché il fatto non sussiste". Invasione di edificio. Pasolini, insieme a Zavattini, Massobrio, Ferreri, Angeli, Maselli e De Luigi, viene processato per aver turbato l'altrui possesso di cose immobili, trattenendosi oltre l'ora stabilita nei locali del Palazzo del cinema di Venezia. I fatti si riferiscono alla dura contrapposizione per l'autogestione da parte degli autori cinematografici della Mostra del cinema di Venezia. Pasolini e gli altri imputati vengono assolti "perché i fatti ascritti non costituiscono reato" La morte di cinquanta pecore (Porcile). Giovanni Longo di Nicolosi (Catania), allevatore di ovini, denuncia Pasolini e il produttore Gianvittorio Baldi, in quanto responsabili della morte di cinquanta pecore. Longo asserisce che la notte tra il 24 e 25 novembre 1968, in contrada Serra La Nave di Nicolosi, un branco di cani affamati e infreddoliti, dopo essere stati liberati il giorno precedente al termine delle riprese di Porcile, si sono introdotti nell'ovile ammazzando cinquanta pecore. Il procedimento dura cinque anni. Il 20 novembre 1971, il Tribunale civile di Catania respinge la richiesta di risarcimento danni. "Lotta Continua".
Dal primo marzo 1971 Pasolini risulta ufficialmente direttore responsabile
del periodico "Lotta Continua", organo di un gruppo
extraparlamentare dell'estrema sinistra. Ciò è dovuto alle leggi italiane che impongono che ogni
pubblicazione debba avere un direttore
iscritto al ruolo dei giornalisti professionisti. Così gli esponenti di
Lotta Continua chiedono agli intellettuali italiani iscritti all'albo dei
giornalisti, di assumere a rotazione la carica di direttore del loro
periodico. Pasolini accetta, pur non condividendo la linea politica di
Sofri e compagni, è quindi direttore di "Lotta Continua" dal 1
marzo al 30 aprile 1971.
Processo per il film Il
fiore delle Mille e una notte.
Il film, prima ancora di essere immesso nel circuito cinematografico,
viene denunciato da una donna che l'ha visto in anteprima. Processo [postumo] per il film Salò o le centoventi giornate di Sodoma. Il film viene censurato e se ne vieta la distribuzione. Il divieto viene annullato nel dicembre del '75; segue una denuncia dell'Associazione nazionale per il buoncostume all'autorità amministrativa. Il produttore del film, Alberto Grimaldi, viene processato dal tribunale di Milano, e imputato presso la procura di Venezia per presunta corruzione di minorenni. Quest'ultima supposizione si rivelerà inammissibile. Il tribunale di Milano condanna Grimaldi a due mesi di reclusione, duecentomila lire di multa, e dispone il sequestro del film. Il ricorso in appello porta all'assoluzione di Grimaldi, e al dissequestro del film solo a condizione di alcuni tagli. Il film viene tagliato per un totale di cinque minuti. Nel giugno del 1977 il pretore di Grottaglie in provincia di Taranto, Evangelista Boccumi, dispone un nuovo sequestro del film. Dodici giorni dopo il sostituto procuratore della Repubblica di Milano stabilisce che il sequestro di Salò è palesemente illegittimo, e ne dispone l'immediato dissequestro. |