Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma

 
 

Roberto Tartaglione e Giulia Grassi

 
INDUSTRIA 
E REPRESSIONE SESSUALE 
IN UNA SOCIETÀ PADANA
  

Se "gli altri" studiassero noi come noi studiamo loro. Da "Diario minimo" di Umberto Eco, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1963

 

  

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Negli anni Sessanta andava di moda l'antropologia e in tutte le università si studiavano vari saggi su popolazioni che certamente non si potevano definire di "cultura inferiore" ma "diverse", "appartenenti ad altra cultura", eventualmente di "cultura subalterna".
Umberto Eco immagina che antropologi Polinesiani studino la nostra "civiltà occidentale" con la
stessa politically correct: e ne vengono fuori queste spassosissime righe. 
 
La presente inchiesta elegge come campo di indagine l'agglomerato di Milano alla propaggine nord della penisola italiana, un protettorato vaticano del Gruppo delle Mediterranee. Milano si trova circa a 45 gradi di latitudine nord dall'Arcipelago della Melanesia e a circa 35 gradi di latitudine sud dall'Arcipelago Nansen nel Mar Glaciale Artico. Si trova quindi in una posizione pressoché mediana rispetto alle terre civili, e se pure fosse più facilmente raggiungibile dalle popolazioni eschimesi tuttavia è rimasta fuori dei vari itinerari etnografici. Debbo il consiglio di una indagine su Milano al Professor Korao Paliau dell'Anthropological Institute delle Isole dell'Ammiragliato e ho potuto condurre la mia inchiesta grazie al generoso aiuto della Aborigen Foundation of Tasmania che mi ha fornito un grant di ventiquattromila denti di cane per affrontare le spese di viaggio  ed equipaggiamento. [...]
Per anni chi si è avvicinato agli usi e ai costumi dei popoli occidentali lo ha fatto muovendo da uno schema teorico a priori che ha bloccato ogni possibilità di comprensione. Il condannare gli occidentali come popoli primitivi, solo perché sono dediti al culto della macchina, ancora lontani da un contatto vivo con la natura, ecco un esempio dell'armamentario di false opinioni con cui i nostri antenati hanno giudicato gli uomini incolori e gli europei in particolare. [...] Si deve quindi all'opera illuminata della dottoressa Poa Kilipak se si è andato affermando il concetto di "modello culturale" con le stupefacenti conclusioni che comportava: un abitante di Parigi vive secondo un complesso di norme e di abitudini che si integrano in un tutto organico e formano una determinata cultura, valida come la nostra seppure in modi diversi. Di qui si aprì la via per una corretta indagine antropologica sull'uomo incolore e per una comprensione della civiltà occidentale (perché - e si potrà accusarmi di cinico relativismo - di civiltà si tratta, anche se non segue i modi della nostra civiltà. E non è detto, me lo si permetta, che cogliere noci di cocco salendo a piedi nudi su una palma costituisca un comportamento superiore a quello del primitivo che viaggia in jet mangiando patatine da un sacchetto di plastica).
[...]

2. La "Pensée Sauvage" (Saggio di ricerca sul campo)
 
La giornata dell'indigeno milanese si svolge secondo i ritmi solari elementari. Di buonora esso si sveglia per recarsi alle incombenze tipiche di questa popolazione: raccolta di acciaio nelle piantagioni,  coltivazione di profilati metallici, concia di materie plastiche, commercio di concimi chimici con l'interno, semina di transistori, pascolo di lambrette, allevamento di alfaromeo e così via. L'indigeno tuttavia non ama il suo lavoro e fa il possibile per evitare il momento in cui lo inizierà: quello che è curioso è che i capi del villaggio paiono assecondarlo, eliminando ad esempio le vie di trasporto, divellendo le rotaie dei primitivi tramways, Milano, traffico in Corso di Porta Ticinese
confondendo la circolazione con larghe strisce gialle dipinte lungo le mulattiere (con chiaro significato di tabù), e infine scavando profonde buche nei punti più inopinati, dove molti indigeni precipitano e vengono probabilmente sacrificati alle divinità locali. È difficile spiegare psicologicamente l'attitudine dei capi del villaggio, ma questa distruzione rituale delle comunicazioni è legata senza dubbio a riti di risurrezione (si pensa ovviamente che costringendo schiere di abitanti nelle viscere della terra, dalla loro immolazione quale seme nasceranno altri individui più forti e robusti). [...]

Che i capi della città tengano a mantenere la popolazione in uno stato di incertezza è provato da un rituale mattutino, la lettura di una sorta di messaggio ieratico che i capi fanno pervenire ai loro sudditi sul far dell'alba, il "Corriere della Sera": la natura ieratica del messaggio è sottolineata dal fatto che le nozioni che comunica sono puramente astratte e prive di alcun riferimento con la realtà; in altri casi il riferimento, come abbiamo potuto verificare, è apparente, così che all'indigeno viene prospettata una sorta di controrealtà o realtà ideale nella quale egli presume di muoversi come in una foresta dalle viventi colonne, vale a dire in un mondo eminentemente simbolico e araldico.
 

Milano, lo Stadio San Siro


Tenuto costantemente in questo stato di smarrimento, l'indigeno vive in una persistente tensione che i capi gli permettono di scaricare solo nelle festività collettive, quando la popolazione si riversa a frotte in costruzioni immense di forma elissoidale dalle quali proviene senza interruzione un clamore spaventoso.
Inutilmente abbiamo tentato di entrare in una di queste costruzioni; con una diplomazia primitiva ma smaliziatissima gli indigeni ce lo hanno sempre impedito, pretendendo che noi si esibisse per l'accesso dei messaggi simbolici che apparentemente risultavano in vendita, ma per i quali ci è stato richiesto un tale quantitativo di denti di cane che noi non avremmo potuto pagare senza dovere in seguito abbandonare la ricerca. Costretti dunque a seguire la manifestazione dall'esterno, dapprima si era formulata l'ipotesi, avallata dai rumori fragorosi e isterici, che si trattasse di riti orgiastici; ma in seguito si è fatta chiara l'orribile verità. In questi recinti gli indigeni si dedicano, con il consenso dei capi, a riti di cannibalismo, divorando esseri umani acquistati presso altre tribù. [...] A quanto ci è dato di ricostruire, le vittime vengono divorate in enormi portate collettive composte da più individui, secondo complicate ricette che vengono pubblicamente esposte per le strade, nelle quali si presenta una sorta di posologia non ignara di reminiscenze alchemiche, del tipo "3 a 2", "4 a 0", "2 a 1". [...]

D'altra parte sin dai suoi primi anni il giovane nativo viene educato in modo che lo smarrimento e l'incertezza siano posti a fondamento di ogni suo gesto. Tipici a questo proposito sono i "riti di passaggio" che hanno luogo in locali sotterranei, dove i giovani vengono iniziati a una vita sessuale dominata da un tabù inibitivo. Caratteristica è la danza che essi praticano in cui un giovane e una giovane si pongono l'uno di fronte all'altra dimenando le anche  e muovendo avanti e indietro le braccia piegate ad angolo retto, sempre in modo che i corpi non si tocchino. Già da queste danze traspare il più totale disinteresse da parte di entrambi i partecipanti, completamente ignari l'uno dell'altro, tanto 
che quando uno dei danzatori si piega assumendo la posizione dell'atto sessuale - mimandone le fasi ritmiche - l'altro si ritrae come inorridito e cerca di sfuggire curvandosi talvolta fino a terra; ma nel momento in cui l'altro, ormai pervenuto a raggiungerlo, potrebbe usare di lui, se ne allontana di colpo ristabilendo le distanze. L'apparente asessualità della danza (un vero e proprio rito iniziatico improntato a ideali di astinenza totale) è tuttavia complicato da alcuni particolari osceni. Infatti il danzatore maschio, anziché ostentare normalmente il membro nudo e farlo roteare fra gli applausi della folla (come farebbe qualsiasi nostro Milano, interno di una discoteca
fanciullo partecipando a una festa sull'isola di Manus o altrove), lo tiene accuratamente coperto (lascio immaginare al lettore con quale impressione complessiva di ribrezzo per l'osservatore anche più spregiudicato). Del pari la danzatrice non lascia mai scorgere i seni, e sottraendoli alla vista dei presenti contribuisce ovviamente a creare desideri insoddisfatti che non possono non provocare frustrazioni profonde.
[...]

Ma la domanda che il ricercatore si pone è la seguente: sono lo smarrimento e la frustrazione veramente effetto di una decisione pedagogica consapevole, oppure concorre a questo stato di cose, influenzando le stesse decisioni dei capi e dei sacerdoti, qualche causa più profonda connessa alla natura stessa dell'habitat milanese? Terribile domanda, perché in questo caso si porrebbe il dito sulle sorgenti profonde della mentalità magica che possiede i nativi, e si discenderebbe alle madri oscure da cui si origina la notte dell'anima di quest'orda primitiva.