Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma

 
 

Roberto Tartaglione

 

GRAMMATICA AVANZATA
DELLA LINGUA ITALIANA

  

di Roberto Tartaglione e Susanna Nocchi, Alma Edizioni,  2006
Qualche esercizio tratto dal volume

Presentazione 


Questa settimana presentiamo un libro appena uscito, la Grammatica avanzata della lingua Italiana, autori Susanna Nocchi e Roberto Tartaglione, editore Alma Edizioni.
Ci sembrava giusto dedicare un po' di attenzione agli studenti che, superati gli scogli iniziali nell'apprendimento della lingua, desiderano approfondire gli aspetti meno trattati nei testi di italiano per stranieri.
Questa grammatica ce ne ha dato l'occasione. 

 
I primi tre capitoli della Grammatica avanzata si intitolano:
il presente, il passato, il futuro.
All'interno di ciascun capitolo si guarda a quali possibilità ci sono in italiano - dal punto di vista dei tempi verbali - per esprimere questi tre tempi. Il tutto naturalmente con un occhio attento, oltre che alla temporalità, anche alla modalità.
Con un esempio: per parlare del futuro posso usare sì il futuro, quello semplice e quello anteriore; ma posso usare anche il condizionale, semplice e composto; posso usare l'imperfetto indicativo; posso usare anche l'imperativo; posso usare alcune costruzioni con il verbo avere o con i verbi modali; e posso usare perfino il passato prossimo.
Insomma: "La distinzione fra passato, presente e futuro è solo un'illusione, anche se ostinata" (Albert Einstein).
 
Il quarto capitolo segnala le caratteristiche sull'
uso degli ausiliari essere e avere. Avere ed essere, secondo Erich Fromm,  sono modalita' esistenziali, entrambe sono potenzialita' della natura umana: alla base della modalita' esistenziale dell'avere vi e' un fattore biologico, la spinta alla sopravvivenza, alla base della modalita' esistenziale dell'essere c'e' il bisogno di superare il proprio isolamento, che e' una condizione specifica dell'esistenza umana.
Noi, molto più modestamente, facciamo solo giustizia della "regoletta scolastica" per cui i verbi transitivi userebbero avere e quelli intransitivi essere: questo capitolo poi propone alcune schede piuttosto ricche che elencano quali verbi hanno la doppia possibilità e usano indifferentemente entrambi gli ausiliari e anche quali verbi usano essere o avere a seconda del loro valore grammaticale. Qualche cenno infine anche alla differenza d'uso di ausiliare in frasi come non ho potuto fermarmi e non mi sono potuto fermare.
 
Il quinto capitolo riguarda l'
articolo: le regole sul suo uso e non-uso sono più complicate di quello che si possa immaginare: e per gli stranieri che hanno una lingua madre priva di articoli, come slavi o turchi, il problema è quasi insuperabile. Basti pensare che diciamo Prodi e Berlusconi (due uomini) ma la Melandri e la Mussolini (due donne);  diciamo la regina Elisabetta (con articolo), ma Lady Diana (senza articolo). Diciamo Giove ma diciamo la Terra; diciamo la Corsica, la Sardegna, ma Cipro, Creta, Taiwan. Diciamo il Castello Sforzesco ma Castel Sant'Angelo. Insomma, abbastanza per spaventare anche gli studenti più zelanti!
 

Sesto e settimo capitolo riguardano l'avverbio e l'aggettivo, con una particolare attenzione alla loro posizione nella frase. Non è di immediata intuizione il fatto che si dica Lui parla sempre (e sarebbe scorretto lui sempre parla) mentre invece non ci sono problemi a dire finalmente hai capito o hai capito finalmente.
E ancora più complicato è il discorso sull'aggettivo la cui posizione prima o dopo il nome può dare un senso completamente diverso alla frase (un'idea vecchia - una vecchia idea).

 
Le preposizioni e il loro uso sono trattate nell'ottavo capitolo: qui si trovano gli schemi, ricchissimi, che riportano le varie funzioni di ciascuna preposizione. Certo, saperle usare bene è un altro discorso, ma ogni tanto un sistematico riepilogo non guasta.
 
Abbiamo definito
si spersonalizzante l'uso del si impersonale e quello passivante, nel nono capitolo. A parte la difficoltà d'uso di questa struttura riguardo alla concordanza vocalica (ieri si è mangiato molto; ma;  ieri si è andat ma;  ieri si è andati al cinema; si è camminato a lungo e poi si è arrivati a casa) l'espressione spersonalizzante accomuna la forma impersonale a quella passiva e anche alle costruzioni con il far fare (fare + infinito).

  
Nel decimo capitolo troviamo un po' di esempi con l'infinito, il tempo più facile del sistema verbale italiano. Eppure è così facile che il suo uso in costruzioni un po' particolari viene spesso trascurato 
(... e pensare che basta così poco... Che  fare?... Ah, saperlo!... Io esagerare? Mai! Parlavo di loro e eccoli arrivare! O, come dice una celebre canzone di Lucio Battisti: seguir con gli occhi un airone lungo il fiume e poi, ritrovarsi a volare!)
 
La costruzione
fare + infinito è nel capitolo undicesimo. Qual è il problema con questa costruzione? Be', se io faccio mangiare il bambino, il bambino è un accusativo (io lo faccio mangiare); ma se io faccio mangiare la minestra al bambino quello stesso identico bambino che mangia diventa un dativo (io gli faccio mangiare la minestra). Senza contare che se incontro una persona spiritosa e dico "io faccio mangiare il bambino" quella mi risponderà: "Da chi?". E se la costruzione fare + infinito è fatta con un verbo riflessivo, le sorprese non mancano.
 
Se dico aspettare finché l'acqua bolle o aspettare finché l'acqua non bolle è uguale. Si tratta di un
non pleonastico. Ma se dico sono stato bene finché ho abitato a Roma o aono stato bene finché non ho abitato a Roma il senso è tutto diverso. Insomma, come funziona questo non pleonastico? Questo è l'argomento del capitolo dodicesimo.
  

Tra il capitolo tredicesimo e il diciottesimo abbiamo raccolto invece quanti più schemi possibili possono aiutare a districarci nel mare dei sostantivi: nomi irregolari, nomi stranieri, nomi composti, nomi che cambiano genere, nomi difettivi, nomi alterati: non si tratta di dare regole, ma liste di casi: si dice tavolino e non tavoletto (ma c'è la tavoletta e c'è anche il tavolinetto che se è vecchio e cadente potrebbe diventare perfino un tavolinettaccio).
  
I verbi pronominali, protagonisti del capitolo diciannovesimo, sono quei verbi che assumono in sé una o più particelle pronominali e cambiano così il loro senso: cavarsela, prenderne, volerci, mettercela tutta ecc. Al di là della lista (ricca di oltre un centinaio di esempi) qual è il "senso profondo di questi verbi? Anzi: qual è il rapporto che lega gli italiani all'uso dei monosillabi per cui possiamo perfino scrivere una frase come: non so se ce la si fa o non ce la si fa ma se ce la si fa o ce la si fa ora o non ce la si fa più, ma a me non la si fa, che più che italiano sembra cinese? 
 
Eppure anche
i pronomi soggetto io e tu possono provocare qualche problemino allo studente straniero. Valga come semplice esempio il fatto che diciamo tu ed io, ma io e te. Questo è l'argomento del ventesimo capitolo.

 
I pronomi e le particelle pronominali sono certamente una delle questioni linguistiche più complicate: basti pensare alle combinazioni di pronomi che possono essere più di una cinquantina. Un vero labirinto grammaticale nel quale cerchiamo di districarci all'interno del ventunesimo capitolo.
 
Più rilassante che studiare i pronomi è certamente guardare al senso di
alcune parole difficili, difficili perché difficilmente trovano un corrispettivo preciso in altre lingue. È quello che facciamo nel ventiduesimo capitolo illustrando con esempi significativi parole come mica, anzi, addirittura o macché.
 
E come ignorare
il congiuntivo? Sul congiuntivo è stato detto tutto e il contrario di tutto, è l'ossessione degli italiani che diventa di riflesso lo spauracchio degli studenti stranieri. Siamo più volte intervenuti sull'argomento (vedi in questo stesso sito:  http://www.scudit.net/velenocongiuntivo.htm): nella grammatica avanzata cerchiamo solo di dare schemi di uso segnalando quando NON si deve usare, quando SI DEVE assolutamente usare e quando i parlanti possono decidere se usarlo o meno a seconda delle loro intenzioni comunicative.
 

Il gerundio ha tantissime funzioni in italiano: e le analizziamo nel ventiquattresimo capitolo, con attenzione particolare anche alle frasi in cui il gerundio di una frase secondaria non ha lo stesso soggetto del verbo della principale.

Concludiamo con il periodo ipotetico: e se siamo d'accordissimo che per esigenze didattiche si continui a parlare dei tre tipi di periodo ipotetico... be', sappiamo comunque che i tipi sono molti di più. E non mancano in questo capitolo esempi di frasi tipo ad avere tempo farei questa cosa, comportandomi bene mio padre mi avrebbe premiato, qualora tu abbia intenzione di farlo dovrai comunicarmelo, frasi in cui lo schema tradizionale dei tre tipi di ipotetica è davvero un po' distante.