Matdid, materiali didattici di italiano per stranieri a cura di Roberto Tartaglione e Giulia Grassi, Scuola d'Italiano Roma

 
 

Giulia Grassi

 

SOLE, MANDOLINO 
E MACCHERONI

 

L'immagine di Napoli (e dintorni) nei quadri e nei resoconti di viaggio dei "turisti" del Grand Tour 

 

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Il Grand Tour è il viaggio cosmopolita nell'Europa continentale - con l'Italia come tappa preferita - che dal XVII secolo coinvolge aristocratici, politici, intellettuali e artisti.
Si sviluppa prima in Inghilterra come viaggio pedagogico-educativo per i giovani aristocratici: attraverso questo "giro" i giovani devono acquisire doti di coraggio, attitudine al comando, capacità di prendere decisioni ma anche la conoscenza di abitudini, sistemi politici, lingue e usi stranieri. Si tratta di conoscenze necessarie alla formazione di un membro delle classi dominanti. Scrive Richard Lassels, che per primo usa l'espressione Grand Tour: "Solo colui che ha compiuto il Grand Tour della Francia e il viaggio in Italia è in grado di comprendere Cesare e Tito Livio" (An Italian Voyage or a compleat Journey trought Italy, 1697). Per lungo tempo, questo viaggio è una vera e propria istituzione per giovani aristocratici di tutta Europa.

Ma progressivamente la base sociale dei viaggiatori si allarga: i "turisti" appartengono anche alla borghesia. E cambia anche il valore del Grand Tour, che diventa sempre più un momento di accrescimento intellettuale e quindi di arricchimento personale. Un'esperienza di vita, insomma, senza rapporto con l'età, la classe sociale o il sesso (nel XVIII secolo molte donne fanno il Grand Tour).

Napoli è una delle tappe di questo giro. E nei diari di viaggio si leggono una serie di stereotipi sulle abitudini e la vita dei napoletani: tutti mangiano maccheroni, anche di notte; sanno suonare il mandolino e di sera ballano la tarantella in riva al mare; sono pieni di vita, gesticolano e parlano a voce alta. Stereotipi che appaiono anche nella pittura contemporanea. 
 
[Napoli] per numero di abitanti supera sia Parigi che Londra. Le vie sono un mercato ininterrotto e così affollate di plebaglia che la carrozza stenta ad aprirsi un varco. Per di più si tratta di un genere di esseri vivace, felici e contenti e più alacri di quanto in genere siano gli italiani; lavorano fino a sera, poi imbracciano la chitarra o il mandolino (perché qui san tutti suonare) e  percorrono le vie della città o vanno in riva al mare a godersi il fresco. Si vedono i loro figli più piccoli che saltano attorno bruni e seminudi, e quelli più grandi che ballano con le nacchere mentre altri fanno l'accompagnamento con i cimbali. La carta geografica ti mostrerà la posizione di Napoli; essa s'affaccia sulla più dolce baia del mondo e su uno dei mari più 

L. Robert, Marinaio napoletano con una giovane donna d'Ischia, 1825 (La Chaux de Fond, M. B-A)

tranquilli."                                       
Thomas Gray, The Correspondance of T. Gray, 1739
 
"La gaiezza notturna delle strade di Napoli non ha confronti. Vi transitano innumerevoli carrozze di tutti i generi. Le gelaterie sono affollate dal beau monde, mentre le più umili bancarelle, disposte in tutte le strade con le loro sgargianti decorazioni, sono attorniate da avventori che vanno matti per i sorbetti e le limonate...

Pierre Jacques Antoine Volaire, Notturno con tarantella in riva al mare, 1784 (Napoli, Palazzo Reale)

 Da una parte si vedeva uno di questi negozietti ambulanti, 
dipinto a vivaci colori, [...] attorno al quale s'erano radunate delle persone che trangugiavano maccheroni serviti bollenti dalla caldaia. In un'altra bancarella si vedevano delle fette di cocomero con il loro curioso contrasto fra il rosso della polpa e il verde della buccia. [...] Gli accordi di chitarre si confondevano con le risa gioiose dei lazzaroni e s'udivano le voci di gruppi di persone che si salutavano, con l'animazione tipica degli italiani, da una carrozza all'altra." 
Lady M. Blessington, The Idler in Italy, Paris 1839
 
"Impiegai sei settimane a visitare Napoli, la più
popolosa città italiana rispetto alla sua estensione territoriale, i cui dissoluti abitanti sembrano convivere

Michela De Vito, I maccaroni
acquarello del 1830 circa

ai confini tra il paradiso e l'inferno."
Edward Gibbon, Letters,  London 1897