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L'intervento di Borromini nel XVII secolo
Qualche anno prima del Giubileo del 1650 papa Innocenzo X Pamphilj affida a
Francesco Borromini l'incarico di restaurare la basilica lateranense, che era in
precarie condizioni di conservazione. L'aspetto
generale della chiesa risaliva a un rifacimento del Trecento, con importanti
interventi realizzati tra la metà del '500 e il 1605: il soffitto in legno
dorato sulla navata centrale e gli affreschi nel transetto.
Borromini si butta
nell'impresa. Per la prima volta ha la possibilità di misurarsi con spazi
architettonici enormi, lui che era abituato a lavorare su dimensioni piuttosto
ridotte. Purtroppo il papa gli pone una serie di vincoli: non alterare
l'impianto a cinque navate, non toccare né il
soffitto né il pavimento tardo-cosmatesco né l'abside col mosaico duecentesco.
Il tempo per lavorare? tre anni. L'esterno non viene toccato (la facciata verrà
rifatta nel 1732 dal Galilei).
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L'aspetto della chiesa
alla fine del Quattrocento
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Borromini decide di 'rivestire' le
antiche strutture racchiudendole entro di nuove. Nella navata centrale chiude
cinque intercolumni (spazio tra le colonne), ingabbiando le colonne a due a due
entro monumentali pilastri che alterna alle arcate rimanenti, al di sopra delle
quali lascia le finestre; inoltre incurva la parete della controfacciata,
arrotondando gli spigoli e creando un ritmo curvo continuo con le pareti della
navata.
La copertura avrebbe dovuto essere a volta, per accompagnare il ritmo curvo dominante. Si è ipotizzata una soluzione con una volta percorsa da
costoloni simile a quella nella Cappella dei Magi (Collegio di Propaganda Fide),
anche se un disegno ci suggerisce che, almeno inizialmente, aveva immaginato
questa volta decorata da cassettoni come quelli del Pantheon (* nella foto) (P.
Portoghesi, Francesco Borromini, 1990).
Nonostante le limitazioni, Borromini crea uno spazio solenne e armonioso, il più
equilibrato della sua irrequieta e conflittuale architettura.
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