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									Il primo mese dell'anno,
									gennaio (latino 
									ianuarius), deriva il suo nome da Giano 
									(Ianus), una divinità esclusivamente 
									romana (non c'è una corrispondente divinità 
									greca) e di origini molto antiche e poco 
									chiare. Il suo nome viene spiegato in molti 
									modi, che richiamano sempre un'idea di 
									movimento e di attraversamento: Giano era 
									infatti il protettore di ogni ingresso (la 
									soglia della casa, le porte della città, i 
									passaggi | 
								 
								
									
									
									coperti) e di 
									ogni inizio (era invocato prima di ogni 
									impresa e attività e proteggeva le partenze 
									e i ritorni). Nelle preghiere più solenni il 
									suo nome era citato per primo (l'ultimo era 
									quello di Vesta, altra divinità tipicamente 
									romana). 
									Tutte queste funzioni sono ben espresse 
									negli epiteti del dio: Patulcius e 
									Clusius (colui che apre / che chiude),
									Matutinus (che apre il giorno), 
									Geminus e Bifrons (doppio, con 
									due facce), Quadrifrons (con quattro 
									teste, come protettore delle stagioni). E 
									nella sua iconografia: una figura con due 
									volti contrapposti, che guardano in due 
									direzioni diverse, e con nelle mani | 
									
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									un bastone e una chiave, in quanto portiere 
									del cielo  
									(spunto per l'immagine cristiana di San 
									Pietro con le chiavi del Paradiso). 
									Era chiamato anche Agonius, con 
									riferimento alla festa
									in suo onore (Agonium) che si 
									celebrava il 9 gennaio, quando le persone si 
									scambiavano doni chiamati strenae (da 
									cui l'italiano 'strenna'). | 
								 
							 
						 
						
				Quali segni 
				rimangono a Roma di questo dio che, nei tempi più antichi, era 
				considerato il più importante tanto da essere chiamato Ianus 
				Pater (Giano Padre) e deus deorum (dio degli dèi)? 
				Non molti, e tutti legati ai primi secoli della civiltà romana. 
				Per prima cosa il Gianicolo, che 
				deriva il suo nome da quello della città che, secondo una 
				leggenda, il dio aveva fondato sul colle arrivando esule dalla Tessaglia 
				(ma altre leggende ne parlano come di un dio indigeno). Qui c'era un altare dedicato a suo figlio Fons o 
				Fontus, il dio delle sorgenti, nato dalla ninfa Giuturna, 
				sua moglie. 
				Cos'altro ancora? Molto poco, ma in effetti non c'era molto. 
						
							
								
									
									
									È completamente scomparso lo  Ianus Geminus 
				nel Foro Romano, 
									il monumento che secondo le fonti antiche 
									era stato fondato o dallo stesso Romolo o 
									dal suo successore Numa Pompilio. Non 
									sappiamo bene dove si trovasse esattamente 
									né la sua storia nei secoli. Era vicino 
									alla Curia, sulla via chiamata Argiletum, 
									e sembra che sia stato distrutto e poi 
									ricostruito nella piazza del Foro 
									Transitorio da Domiziano, quando ha 
									restaurato la 
									Curia (nel 94): quindi i suoi resti dovrebbero 
									trovarsi sotto Via dei Fori Imperiali. 
									Conosciamo però la sua forma e la sua 
									funzione. Non era un vero tempio ma un 
									'passaggio coperto' ad arco, chiuso da  | 
									
									 
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									porte sui due lati: così è rappresentato su 
									monete coniate da Nerone nel 66. Dentro 
									c'era la statua del dio bifronte. Queste 
									porte restavano chiuse in tempo di pace e 
									aperte in tempo di guerra, per permettere al 
									dio di accorrere in aiuto dei soldati romani 
									(ma il poeta Ovidio dice che era così come augurio 
									del ritorno vittorioso dell'esercito); nel 
									corso della lunga storia di Roma queste 
									porte sono rimaste chiuse pochissime volte.
									 
									Con la cristianizzazione dell'impero i 
									templi dei 'falsi' dèi furono chiusi o 
									demoliti: l'usanza della apertura/chiusura 
									delle porte venne abbandonata e lo Ianus Geminus 
									chiuso. Ma la tradizione era così radicata che 
									decenni dopo, durante l'assedio della città 
									da parte dei Goti (537), 
									alcuni cittadini cercarono di riaprire le 
									porte, per permettere al dio di andare in soccorso 
									dei romani in pericolo, ma senza riuscirci (Procopio,
									La guerra gotica, I,25). | 
								 
							 
						 
						
						
							
								
									
									
									 
									I resti dei templi sono riemersi nel 1929, 
									durante la distruzione (sventramento) del quartiere che, dal 
									Medioevo in poi, si era sovrapposto agli 
									antichi Foro Olitorio e Foro Boario, tra il 
									Campidoglio e il Tevere (d). 
									Del Tempio di Giano rimangono alcune delle 
									colonne ioniche dei portici sui lati lunghi, 
									in origine 8+8, poggianti sul podio 
									(basamento rialzato): 7 sono inglobate nel 
									muro esterno settentrionale della chiesa, 2 
									sono in piedi all'estremità opposta (e). 
									Sotto la chiesa sono visibili i resti 
									interrati del podio.  
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									d
									  | 
									
									
									e 
									 
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								Non ha relazione con il dio il 
								cosiddetto Arco di Giano nel Foro Boario, 
								in realtà un arco onorario forse fatto da 
								Costantino, quell'Arcus Constantini che, 
								secondo le fonti, si trovava proprio in questa 
								zona (Velabro). È un arco quadrifronte, con 
								quattro aperture, ed è collegabile al vicino 
								Arco degli Argentari. Poiché in latino la parola
								ianus (giano) indica un passaggio 
								coperto, col tempo si è fatta confusione e 
								questo è diventato, erroneamente, l'Arco 
								di Giano. | 
								
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