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Gli
antichi Romani, famosi per essere un popolo pragmatico e
concreto, avevano un debole per il magico, l'occulto, il
mistero; ed erano piuttosto superstiziosi.
Veniva considerato di cattivo augurio rovesciare vino,
olio e acqua o incontrare per strada muli con un carico
di ipposelino (una pianta che ornava i sepolcri);
portava sfortuna un cane nero che entrava in casa, un
topo che faceva un buco in un sacco di farina, una trave
della casa che si spaccava senza motivo. E tutti,
proprio tutti (ce lo dice Plinio il Vecchio), dopo aver
sorbito un uovo ne bucavano il guscio, o lo spaccavano.
Gli amuleti contro la sfortuna, gli incantesimi malefici
e le malattie erano diffusissimi. Molte case avevano
sulla porta la scritta 'arseverse' (forse da 'averte
ignem', contro il fuoco),
per
proteggersi dal pericolo dei frequenti incendi. E tanti
ricorrevano a scongiuri contro la jella, anche degli
insospettabili come
Giulio
Cesare: ci dice ancora
Plinio che il conquistatore, |
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dopo che il
suo carro si era rotto durante la celebrazione del
Trionfo, recitava sempre uno scongiuro che ripeteva
tre volte per garantirsi la sicurezza del viaggio (carmine
ter repetito securitatem itinerum aucupari solitum).
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Nel calendario romano c'erano i giorni considerati
favorevoli (dies fasti) e quelli sfavorevoli (dies
nefasti) allo svolgimento di alcune attività (compiere
atti pubblici, amministrare la giustizia, concludere
affari, seminare, partire per un viaggio ecc).
Erano infausti il secondo giorno del mese, le none
(quinto o settimo giorno a seconda dei mesi), le idi
(tredicesimo o quindicesimo giorno). E infauste erano le
date di alcuni eventi disastrosi: ad esempio il 18
luglio, data della sconfitta dei romani sul fiume
Allia ad opera dei Galli nel 387 a.C. e segnata sul
calendario come Clades Gallica (catastrofe
gallica). Ricorda un po' il nostro proverbio 'né di
Venere né di Marte non si sposa non si parte, né si dà
principio all'arte': il martedì e il venerdì come giorni
infausti, in cui è vietato partire, sposarsi o avviare
qualsiasi

Statuetta bronzea di àugure (da Gabii)
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attività. Del calendario si occupavano dei
sacerdoti, i Pontefici.
Un aspetto importante della religione era la
divinazione, cioè l'interpretazione
del volere degli dèi che si manifestava
attraverso dei 'segni'. In grado di capire
questi 'segni' erano gli Àuguri,
sacerdoti che interpretavano auspicia
e auguria osservando il volo degli
uccelli: chi non ricorda che il fondatore di
Roma, Romolo (Romolo
... e Romoletta), vinse la gara con suo
fratello Remo per aver visto un maggior
numero di uccelli in volo, provenienti
inoltre da una direzione favorevole?
A Roma nessuno intraprendeva un'attività, di
qualunque tipo, senza essere certo di avere
il consenso degli dèi! E quando si
verificavano eventi gravi, incontrollabili o
prodigiosi, i Romani correvano a chiedere
aiuto ai Decemviri, i sacerdoti
addetti all'interpretazione dei "Libri
Sibillini", una raccolta di testi
profetici scritti in greco e venduti,
secondo la leggenda, al re Tarquinio Prisco
dalla Sibilla Cumana. Il Tempio di Esculapio
sull'isola Tiberina venne costruito proprio
su indicazione dei Libri, consultati durante
una grave epidemia di peste nel 293 a.C.
Erano conservati nel Tempio di Giove sul
Campidoglio e, dal 28 a.C., nel Tempio di
Apollo sul Palatino. |
Una cosa diversa era però considerata la magia,
che Plinio il Vecchio definisce
"una scienza temibile e perversa", e che era condannata
dalla legge romana. Nelle "Dodici Tavole" (451-450 a.C.)
si prevedevano sanzioni per chi recitava incantesimi
allo scopo di nuocere (malum carmen incantassit).
La "Lex Cornelia de sicariis et veneficiis",
opera del dittatore Silla (81 a.C.), prevedeva la pena
di morte per gli omicidi e per chi praticava riti
malefici (mala sacrificia). Inutile dire che la
magia, col suo carico di sortilegi e maledizioni,
nell'urbe aveva un grande successo. |
Un luogo dove
venivano praticati riti di magia nera è stato scoperto
Roma, a Piazza Euclide, nel 1999. Per caso, scavando le
fondamenta di un parcheggio interrato. A una profondità
di 10 metri sono stati trovati i resti di una fontana
rettangolare, con un altare e due basi con iscrizioni
(a). Ci sono una data (156 d.C.) e il nome della
divinità che vegliava su questo luogo, Anna Perenna (nimphis
sacratis Annae Perennae
/ alle ninfe consacrate ad Anna Perenna).
Anna
Perenna era un'antica divinità delle origini,
festeggiata il 15 marzo e da alcuni scrittori antichi
identificata con Anna, sorella dell'infelice regina di
Cartagine Didone, fuggita dopo la sua morte e accolta
nel Lazio da Enea. Dalle fonti sappiamo che un bosco
sacro (nemus) a lei dedicato si trovava al primo
miglio della via Flaminia, che attraversava un'area
diversamente da oggi molto verde e poco urbanizzata. La
via Flaminia moderna corre non molto lontano da piazza
Euclide. E poco lontano si trova anche l'Auditorium,
progettato da Renzo Piano tra 1994 e 2002. Qui, durante
i lavori, sono stati scoperti i resti di una grande
costruzione (b) che, tra rifacimenti e
trasformazioni, ha avuto una esistenza lunghissima,
dal
VI secolo a.C. al III secolo d.C. Una costruzione che
alcuni studiosi considerano, assieme alla fontana
scoperta a piazza Euclide, come parte del bosco sacro ad
Anna Perenna.
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(a)
(b) |
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Che c'entra tutto questo con la magia nera? C'entra,
perché gli archeologi oltre alla fontana di Anna Perenna
hanno anche trovato oggetti che indicano che nel periodo
tardoimperiale in questo luogo si compivano riti oscuri.
Si tratta di recipienti formati ciascuno da tre cilindri
di |
piombo
messi l'uno dentro l'altro (come le matrioske) e tutti
sigillati ermeticamente; il più interno contiene la
fattura e un pupazzetto di forma umana impastato con
acqua, farina e miele, che veniva infilato a testa in
giù e rappresentava la persona da maledire. Si sono
trovate anche una ventina di defixiones,
cioè sottilissime lastre di piombo con sopra incise
fatture e maledizioni. Defixiones e recipienti
cilindrici venivano buttati nella fontana affinché
raggiungessero l'aldilà attraverso i canali di deflusso
dell'acqua.
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Ma non era
sempre stato così. Nei secoli precedenti questi boschi
avevano visto riti meno oscuri e molto più vitali. Il 15
marzo, festa della dea e in epoca pre-imperiale
coincidente col capodanno, il popolo si riversava nei
prati e nei boschi. Si piantavano tende, si facevano
ripari con rami e frasche, si danzava, si prendeva il
sole, si faceva l'amore e, soprattutto, si beveva senza
freno, perché "si augurano tanti anni quante sono le
coppe che tracannano" (Ovidio, Fasti, vedi
sotto). Una festa irresistibile, tanto è vero che questa
data,
le
celebri idi di marzo, fu scelta per uccidere Cesare
proprio perché Roma era deserta.
Nelle Idi
si celebra la gioiosa festa di Anna Perenna
non lontano dalle tue rive, o Tevere che giungi qui
forestiero.
Viene la plebe, e sparsa qua e là per la verde erba
s’inebria di vino, e ognuno si sdraia con la propria
compagna.
Parte resistono sotto il nudo cielo; pochi piantano
le tende; alcuni con rami fanno una capanna di
frasche;
parte, piantate canne invece di rigide colonne,
vi pongono sopra le toghe dopo averle dispiegate.
Ma si scaldano di sole e di vino, e si augurano tanti
anni
quante sono le coppe che tracannano, e le contano
bevendo.
Lì troverai chi beve gli anni di Nestore, e donne
che per il numero delle bevute si sarebbero mutate
in Sibille.
Lì anche cantano tutto ciò che imparano a teatro,
e accompagnano le parole con agili gesti delle mani;
deposte le coppe intrecciano rozze danze,
e l’agghindata amica balla con la chioma scomposta.
Al ritorno barcollano, dando spettacolo di sé a tutti,
e la gente che li incontra li chiama fortunati. |
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Jacob Hackert, Paesaggio con scena di
antica festività, 1781 |
(Ovidio, Fasti, III) |
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Per saperne di
più (in particolare on-line):
• Marina Piranomonte (a cura di), Il Santuario della Musica
e il Bosco Sacro di Anna Perenna, Electa 2002
• Le dimore degli dei. La religione ufficiale dell'antica
Roma e la sua organizzazione, in 'Roma archeologica. XX
Itinerario', 2003
• Maria Teresa D'Alessio - Helga Di Giuseppe, La villa
dell’Auditorium a Roma tra sacro e profano, in Roman
villas around the Urbs. Interaction with landscape and
environment, Proceedings of a conference held at the
Swedish Institute in Rome, September 17–18, 2004. Eds. B.
Santillo Frizell & A. Klynne, Rome 2005 (pdf)
•
Francesca Santucci, Superstizione e magia nell'antica
Roma, Napoli 2005 (pdf)
• Nero latino. Racconti di fantasmi, di streghe e di
magia, Torino 2006
• Giuliana Calcani, L’iconografia di Didone, in Il
mito di Didone nel Tempo, Atti del seminario del 10
gennaio 2007, Roma (pdf)
•
Marina
Piranomonte - Francisco Marco Simón, The
Daemon and the Nymph: Abraxas and Anna Perenna, 'Bollettino di
Archeologia on-line', volume speciale (2008) (pdf) |
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