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GRAMMATICA
AVANZATA
DELLA LINGUA ITALIANA
di
Roberto Tartaglione e Susanna Nocchi
Alma Edizioni, Firenze 2006
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I primi tre capitoli
della Grammatica avanzata si intitolano: il
presente, il passato, il futuro.
All'interno di ciascun capitolo si guarda a quali possibilità ci sono in
italiano - dal punto di vista dei tempi verbali - per esprimere questi tre
tempi. Il tutto naturalmente con un occhio attento, oltre che alla
temporalità, anche alla modalità.
Con un esempio: per parlare del futuro posso usare sì il futuro,
quello semplice e quello anteriore; ma posso usare anche il condizionale,
semplice e composto; posso usare l'imperfetto indicativo; posso usare
anche l'imperativo; posso usare alcune costruzioni con il verbo
avere o con i verbi modali; e posso usare perfino il passato prossimo.
Insomma: "La distinzione fra passato, presente e futuro è solo
un'illusione, anche se ostinata" (Albert Einstein).
Il quarto capitolo segnala le caratteristiche sull'uso
degli ausiliari essere e avere. Avere
ed essere, secondo Erich Fromm, sono modalita' esistenziali,
entrambe sono potenzialita' della natura umana: alla base della modalita'
esistenziale dell'avere vi e' un fattore biologico, la spinta alla
sopravvivenza, alla base della modalita' esistenziale dell'essere
c'e' il bisogno di superare il proprio isolamento, che e' una condizione
specifica dell'esistenza umana.
Noi, molto più modestamente, facciamo solo giustizia della "regoletta
scolastica" per cui i verbi transitivi userebbero avere e quelli
intransitivi essere: questo capitolo poi propone alcune schede
piuttosto ricche che elencano quali verbi hanno la doppia possibilità
e usano indifferentemente entrambi gli ausiliari e anche quali verbi
usano essere o avere a seconda del loro valore grammaticale. Qualche
cenno infine anche alla differenza d'uso di ausiliare in frasi come non ho
potuto fermarmi e non mi sono potuto fermare.
Il quinto capitolo riguarda l'articolo:
le regole sul suo uso e non-uso sono più complicate di quello che si possa
immaginare: e per gli stranieri che hanno una lingua madre priva di
articoli, come slavi o turchi, il problema è quasi insuperabile. Basti
pensare che diciamo Prodi e Berlusconi (due uomini) ma la
Melandri e la Mussolini (due donne); diciamo la regina
Elisabetta (con articolo), ma Lady Diana (senza articolo).
Diciamo Giove ma diciamo la Terra; diciamo la Corsica, la
Sardegna, ma Cipro, Creta, Taiwan. Diciamo il Castello
Sforzesco ma Castel Sant'Angelo. Insomma, abbastanza per
spaventare anche gli studenti più zelanti!
Sesto e settimo capitolo riguardano l'avverbio
e l'aggettivo, con una particolare
attenzione alla loro posizione nella frase. Non è di immediata
intuizione il fatto che si dica Lui parla sempre (e sarebbe
scorretto lui sempre parla) mentre invece non ci sono problemi a dire
finalmente hai capito o hai capito finalmente.
E ancora più complicato è il discorso sull'aggettivo la cui posizione
prima o dopo il nome può dare un senso completamente diverso alla frase (un'idea
vecchia - una vecchia idea).
Le preposizioni e il loro uso sono
trattate nell'ottavo capitolo: qui si trovano gli schemi, ricchissimi, che
riportano le varie funzioni di ciascuna preposizione. Certo, saperle usare
bene è un altro discorso, ma ogni tanto un sistematico riepilogo non
guasta.
Abbiamo definito si spersonalizzante
l'uso del si impersonale e quello passivante, nel nono
capitolo. A parte la difficoltà d'uso di questa struttura riguardo alla
concordanza vocalica (ieri si è mangiato
molto; ma ieri si è andati
al cinema; si è camminato a lungo e poi si è arrivati
a casa) l'espressione spersonalizzante
accomuna la forma impersonale a quella passiva e anche alle costruzioni
con il far fare (fare + infinito).
Nel decimo
capitolo troviamo un po' di esempi con l'infinito,
il tempo più facile del sistema verbale italiano. Eppure è così facile
che il suo uso in costruzioni un po' particolari viene spesso trascurato
(... e pensare che basta così poco... Che fare?... Ah, saperlo!...
Io esagerare? Mai! Parlavo di loro e eccoli arrivare! O, come dice una
celebre canzone di Lucio Battisti: seguir con gli occhi un airone lungo
il fiume e poi, ritrovarsi a volare!)
La costruzione fare + infinito
è nel capitolo undicesimo. Qual è il problema con questa costruzione? Be',
se io faccio mangiare il bambino, il bambino è un accusativo (io
lo faccio mangiare); ma se io faccio mangiare la minestra al bambino
quello stesso identico bambino che mangia diventa un dativo (io gli
faccio mangiare la minestra). Senza contare che se incontro una persona
spiritosa e dico "io faccio mangiare il bambino" quella mi
risponderà: "Da chi?". E se la costruzione fare + infinito è
fatta con un verbo riflessivo, le sorprese non mancano.
Se dico aspettare finché l'acqua bolle o aspettare finché
l'acqua non bolle è uguale. Si tratta di un non
pleonastico. Ma se dico sono stato
bene finché ho abitato a Roma o aono stato bene finché non ho
abitato a Roma il senso è tutto diverso. Insomma, come funziona questo non
pleonastico? Questo è l'argomento
del capitolo dodicesimo.
Tra il capitolo tredicesimo e il
diciottesimo abbiamo raccolto invece quanti più schemi possibili possono
aiutare a districarci nel mare dei sostantivi:
nomi irregolari, nomi stranieri, nomi composti, nomi che cambiano genere,
nomi difettivi, nomi alterati: non si tratta di dare regole, ma liste di
casi: si dice tavolino e non tavoletto (ma c'è la tavoletta
e c'è anche il tavolinetto che se è vecchio e cadente potrebbe
diventare perfino un tavolinettaccio).
I verbi pronominali,
protagonisti del capitolo diciannovesimo, sono quei verbi che assumono in sé
una o più particelle pronominali e cambiano così il loro senso: cavarsela,
prenderne, volerci, mettercela tutta ecc. Al di là della lista (ricca
di oltre un centinaio di esempi) qual è il "senso profondo di questi
verbi? Anzi: qual è il rapporto che lega gli italiani all'uso dei
monosillabi per cui possiamo perfino scrivere una frase come: non so se
ce la si fa o non ce la si fa ma se ce la si fa o ce la si fa ora o non ce
la si fa più, ma a me non la si fa, che più che italiano sembra
cinese?
Eppure anche i pronomi soggetto io
e tu possono provocare qualche
problemino allo studente straniero. Valga come semplice esempio il fatto che
diciamo tu ed io, ma io e te. Questo è l'argomento del
ventesimo capitolo.
I pronomi e le particelle pronominali sono certamente una delle
questioni linguistiche più complicate: basti pensare alle combinazioni di
pronomi che possono essere più di una cinquantina. Un vero labirinto
grammaticale nel quale cerchiamo di districarci all'interno del ventunesimo
capitolo.
Più rilassante che studiare i pronomi è certamente guardare al senso di alcune
parole difficili, difficili perché
difficilmente trovano un corrispettivo preciso in altre lingue. È quello
che facciamo nel ventiduesimo capitolo illustrando con esempi significativi
parole come mica, anzi, addirittura o macché.
E come ignorare il congiuntivo? Sul congiuntivo è stato detto tutto
e il contrario di tutto, è l'ossessione degli italiani che diventa di
riflesso lo spauracchio degli studenti stranieri. Siamo più volte
intervenuti sull'argomento (vedi in questo stesso sito: http://www.scudit.net/velenocongiuntivo.htm
): nella grammatica avanzata
cerchiamo solo di dare schemi di uso segnalando quando NON si deve
usare, quando SI DEVE assolutamente usare e quando i parlanti possono
decidere se usarlo o meno a seconda delle loro intenzioni comunicative.
Il gerundio
ha tantissime funzioni in italiano: e le analizziamo nel ventiquattresimo
capitolo, con attenzione particolare anche alle frasi in cui il gerundio di
una frase secondaria non ha lo stesso soggetto del verbo della principale.
Concludiamo con il periodo
ipotetico: e se siamo d'accordissimo che per esigenze didattiche si
continui a parlare dei tre tipi di periodo ipotetico... be', sappiamo
comunque che i tipi sono molti di più. E non mancano in questo capitolo
esempi di frasi tipo ad avere tempo farei questa cosa, comportandomi bene
mio padre mi avrebbe premiato, qualora tu abbia intenzione di farlo dovrai
comunicarmelo, frasi in cui lo schema tradizionale dei tre tipi di
ipotetica è davvero un po' distante.
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